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Le guide di Gay Lex: come unirsi civilmente alla luce del decreto provvisorio?

Ieri è trapelato quello dovrebbe essere il testo del decreto attuativo provvisorio per le unioni civili.
Cerchiamo di capire un po’ meglio come funzioneranno le cose.

La richiesta è regolamentata dall’art.1: viene fatta da due persone maggiorenni dello stesso sesso davanti all’ufficiale di stato civile incaricato del comune di loro scelta.
Nella richiesta ciascuna parte deve dichiarare nome e cognome, luogo e data di nascita, cittadinanza, luogo di residenza e insussistenza delle cause impeditive la costituzione dell’unione civile.
L’ufficiale redige processo verbale della richiesta e lo sottoscrive insieme ai contraenti, fissando una data concordata con le parti per la costituzione dell’unione.

L’ufficiale di stato civile entro 15 giorni dalla richiesta verificherà l’esattezza delle dichiarazione (art. 2) eventualmente acquisendo d’ufficio documenti necessari.
Non è chiaro, da quello che è trapelato, se come per il matrimonio bisognerà presentare documentazione quali il certificato di nascita e il certificato di stato libero e il titolo di valido soggiorno in Italia, o se provvederà a richiedere questi documenti con discrezionalità ciascun comune (ovviamente questo particolare è di non poco conto per le coppie di cui almeno uno dei due contraenti non è cittadino italiano – si veda oltre all’art. 8).

Nell’art. 3 si parla della cerimonia: sarà una dichiarazione pubblica davanti all’ufficiale di stato civile e a due testimoni e ne verrà redatto apposito processo verbale. Verranno letti gli articoli 11 e 12 della legge 76 del 2016. Le parti potranno scegliere il regime di separazione dei beni (se non lo dichiareranno in automatico ci sarà la comunione).
Si tratta dunque – seppur normata in modo sintetico – di una vera e propria cerimonia: ampia discrezionalità sulle modalità viene lasciata ai singoli comuni su come svolgerla, pur in presenza di requisiti minimi.
Sempre nello stesso articolo emerge uno dei dati più interessanti e controversi: le unioni civili andranno iscritte in un “registro provvisorio delle unioni civili”. Sarà importante capire poi se i decreti attuativi definitivi manterranno un registro separato o se faranno confluire invece, come si auspica, le unioni civili nei registri matrimoniali.

La scelta del cognome comune familiare, opzionale, è prevista all’art. 4.

All’art. 5 invece si norma la situazione di cambio di sesso di uno dei coniugi e della possibilità di tramutare l’unione civile in matrimonio con dichiarazione concorde di entrambe le parti davanti all’ufficiale di stato civile del comune nel quale fu iscritto o trascritto il matrimonio.

Il riferimento all’art. 6 appare certamente poco chiaro in quanto nel trattare l’argomento dello scioglimento dell’unione civile si fa riferimento alla negoziazione assistita prevista dalla legge 132/2014, normalmente riservata alle separazioni, non previste nel caso delle unioni civili. Alla lettura del testo completo del decreto seguirà certamente un nostro approfondimento sul tema.

All’art. 7 si fa riferimento al rilascio dei documenti e dello stato civile che risulterà quello di “unito/unita civilmente”. Questa formulazione così specifica desta alcune perplessità rispetto la tutela della privacy per dati sensibili quale l’orientamento sessuale.

L’art. 8, inizialmente non  trapelato, è uno dei più importanti perché regola da un lato leunioni civili concluse all’estero nelle ambasciate e nei consolati secondo la legge italiana (comma 1), dall’altro la trascrizione dei matrimoni contratti all’estero (comma 3): in merito a questo la scelta del ministero dell’interno è stata quella di “degradare” il matrimonio a unione civile con l’iscrizione nel “registro provvisorio delle unioni civili” e l’acquisizione immediata – dal momento dell’iscrizione – degli effetti prodotti dalle unioni civili.
Il comma 2, invece, sembra essere certamente la più problematica perché – secondo quanto riportato dal Corriere della Sera – il cittadino straniero che voglia unirsi civilmente deve presentare “una dichiarazione dell’autorità competente del proprio Paese dalla quale risulti che, giusta le leggi cui è sottoposto, nulla osta nell’unione civile”. Questo comma ovviamente pone non pochi problemi per quei cittadini di paesi in cui il matrimonio o le unioni civili omosessuali sono vietate, se non addirittura l’omosessualità sia un reato e dunque dichiararsi omosessuali potrebbe ipoteticamente mettere in pericolo la loro incolumità. Bisognerà capire quali saranno le soluzioni adottate in questo campo e se le amministrazioni comunali in questi casi valuteranno di procedere comunque (previa la presentazione del diniego del nullaosta e/o di una semplice dichiarazione) o se si dovrà adire un Tribunale. Ci auguriamo in ogni caso che nei decreti attuativi finali questa problematica venga trattata e risolta (e intanto consigliamo le coppie con un cittadino straniero di rivolgersi a legali competenti che possano supportarli).

L’art. 9 disciplina la costituzione del già citato “registro provvisorio delle unioni civili” entro 5 giorni dalla pubblicazione del decreto.

Non appena il decreto avrà passato il vaglio del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti sarà dunque finalmente possibile celebrare le unioni civili con queste modalità che resteranno operative fino all’entrata dei decreti attuativi definitivi, così come previsto dalla legge 76/2016 e dalle disposizioni finali di questo decreto “ponte”.

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