Il dibattito sulla legge Zan è nel suo pieno svolgimento. L’emendamento salva-idee ha fatto molto rumore, sui social, proprio nelle bacheche di attivisti/e e appartenenti alla comunità Lgbt+. Rabbia comprensibile, visti certi presupposti a cui siamo abituati quando si tratta di legiferare sui nostri diritti. Eppure, sempre dentro la comunità e il movimento, c’è chi invita a non essere pessimisti. E, soprattutto, a dare una lettura giuridica dei fatti e dell’emendamento stesso. Vediamo alcuni tra i commenti più tecnici.
Il parere del giurista sull’emendamento alla legge Zan
Angelo Schillaci, su Facebook fa notare che «tutti gli emendamenti presentati avevano l’esplicito scopo di sottrarre all’articolo 604 bis una serie di condotte riconducibili alla libertà di opinione al pluralismo delle idee». In estrema sintesi, gli emendamenti servivano a svuotare la legge mettendo al riparo alcune condotte. Proposte, per Schillaci, «evidentemente inaccettabili». Per due ragioni: «Primo, perché è già chiaro nel sistema che i reati di istigazione di cui alla legge Mancino non colpiscono tutte le opinioni, ma solo quelle idonee a determinare il pericolo di compimento di reati. Secondo, perché […] le proposte avrebbero dovuto essere estese a tutti i motivi previsti dalla legge Mancino (dunque anche motivi etnici, razziali, nazionali, religiosi)».
Schillaci: “Nessuna zona franca, non si salvano gli omofobi”
Schillaci sostiene che «la riformulazione dell’emendamento Costa su cui si è trovato l’accordo […] non dà luogo a nessuno di questi rischi» in quanto «non crea alcuna zona franca, per intenderci, né “salva” gli omofobi». Invece «ribadisce semplicemente un principio pacifico. E cioè che la legge contro misoginia e omolesbobitransfobia non intende colpire la libertà di espressione. Una precisazione non necessaria dal punto di vista giuridico […] ma utile a rendere compatto un quadro politico evidentemente fragile». Anche se il giurista fa notare che permane qualche spazio criticità. Vediamo quale.
“Molte debolezze nel processo politico”
«Un discorso a parte» continua «andrebbe dedicato, indubbiamente, alle molte debolezze del processo politico in questa fase storica e, in questo caso, all’estrema permeabilità di esso rispetto alle molte strumentalizzazioni (alcune davvero indegne) che hanno “animato” lo spazio pubblico in queste settimane. Alla fine, però, esistono i numeri parlamentari, ed esiste la sostanza delle cose. Ed esiste soprattutto la critica politica, sacrosanta». La legge, insomma, «non viene svuotata» anche se «il compromesso c’è […], ma non al ribasso».
Il parere dell’avvocato sull’emendamento alla legge Zan
Fiducioso anche Sebastiano Secci, ex presidente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli di Roma, che sempre su Facebook scrive: «La mia anima da avvocato ha un’idea ben precisa sulla bontà tecnica e sulle eventuali (non) conseguenze dell’emendamento ma qui poco importa. […] Il nostro ecosistema ha bravissime giuriste e giuristi, ascoltiamo il loro fondamentale parere ma noi continuiamo a fare gli attivisti, concentrando le nostre riflessioni e azioni sul significato politico degli eventi, lasciando loro il compito dell’esegesi delle fonti normative».
Secci: “Un film già visto: occorre vigilare”
Per Secci «politicamente quanto accaduto ieri è grave» scrive ancora. «La maggioranza ha concordato un emendamento con FI senza (peraltro neppure) riuscire in cambio a blindare il voto della stessa FI. Cui prodest? Forse a rassicurare trasversalmente le correnti cattoliche delle varie forze politiche coinvolte? Perché solo in tema di identità di genere e orientamento sessuale occorre dare rassicurazioni sulla libertà di espressione?» Domande in comune con quanti hanno pesantemente attaccato l’accordo. E ricorda ancora, l’ex presidente del Mieli: «Questo è un film già visto che potremmo trovare quasi noioso se, ancora una volta, non fossero le nostre vite a farne da sfondo. Noi attivisti abbiamo detto che avremmo vigilato. Facciamolo».