È l’unico sindaco delle grandi città che ieri sono andate al voto ad essere stato eletto al primo turno. Leoluca Orlando torna per la quinta volta alla guida di Palermo appoggiato da una coalizione che va da Sinistra Italiana a Ncd, passando per il Pd e delle liste civiche, ma senza appartenere a nessuno di questi partiti.
Poco fa, durante la conferenza stampa a Palazzo delle Aquile, Orlando ha ricordato le cose fatte e quelle da fare senza dimenticare di ribadire la sua visione della città anche in tema di diritti sottolineando quelli che ha definito “punti fondativi e irrinunciabili”.
Ogni persona è una persona
“ogni persona è una persona – ha detto -. Noi ci comportiamo come se il permesso di soggiorno non ci fosse. Consideriamo illegale il permesso di soggiorno. Riteniamo che bisogna tutelare la famiglia e allo stesso tempo i diritti inviolabili degli omosessuali, esattamente sullo stesso piano”. “Riteniamo che un’amministrazione illuminata – ha continuato – debba provvedere a tutelare le libertà di tutti e di ciascuno e per noi costituisce un elemento importante. E probabilmente anche questo spiega come ci presenteremo il primo luglio al pride per vivere questa esperienza”. Da quando è sindaco, del resto, Orlando non è mai mancato ad un pride a cui ha sempre concesso il patrocinio.
(il passaggio sui diritti è al minuto -16.03. L’articolo continua dopo il video)
Leoluca Orlando, conferenza stampa post elezioni (con Sara Scarafia. Riprese di Vassily Sortino)
Pubblicato da la Repubblica – Palermo su Lunedì 12 giugno 2017
Le origini
Settantanni, di famiglia e formazione cattolica, ha studiato dai gesuiti ed ha iniziato la sua carriera politica nella Democrazia Cristiana al fianco di Piersanti Mattarella (fratello dell’attuale presidente della Repubblica, Sergio) ucciso dalla mafia il 6 gennaio del 1980, mentre era presidente della Regione.
Orlando è tornato alla guida del capoluogo siciliano ottenendo il 46.1 per cento contro il 31.3 di Ferrandelli (appoggiato dal centrodestra e considerato il “rappresentante” di Totò Cuffaro, l’ex presidente della Regione condannato per mafia) e il 16.4 di Ugo Forello del M5S.