Nasce #Liberadiabortire, una campagna social e non solo social per informare, sensibilizzare e sopratutto battere i pugni sul tavolo perché la legge 194 venga finalmente rispettata.
Sono passati 43 anni dall’entrata in vigore della legge 194/78 che ha istituito il diritto all’aborto (un crimine fino a quel momento) evitando a tantissime donne di ricorrere a pericolosi interventi clandestini: una prospettiva sgradevole che per molte era comunque migliore rispetto a quella di portare avanti una gravidanza.
Legge 194 esiste solo sulla carta?
In cosa consiste? Consiste nella diffusione dei manifesti e nella firma di un appello per chiedere al Governo e in particolare al Ministero della Sanità, di cui oggi è ministro Roberto Speranza (Leu) di far rispettare questa legge. Per esempio tra le richieste quella di agire sulle Regioni perché assumano medici non obiettori, oggi troppo pochi per garantire il servizio, e per controllare i tempi e le modalità con i quali gli aborti vengono praticati in modo da penalizzare le Regioni non regolari.
Inoltre è richiesto che vengano fornite tutte le informazioni sull’aborto sul sito del Ministero della Salute con pure una mappa delle strutture ospedaliere in cui è possibile farlo e un vademecum esplicativo dei diritti delle donne che vogliono abortire.
Attualmente sul sito del Ministero non viene nemmeno spiegato come si possa accedere all’aborto nella propria Regione né cosa si debba fare per esercitare tale diritto.
Perché la campagna sulla legge 194 è necessaria
In Italia non siamo davvero libere di abortire: la percentuale di medici obiettori sfiora il 90%, non c’è informazione, la società e le strutture sanitarie stigmatizzano l’IVG (insomma ti guardano male) e a tutto questo aggiungiamo giunte Regionali e Comunali anti-abortiste.
Per esempio, l’aborto farmacologico è fortemente osteggiato come possiamo leggere tra le tante testimonianze delle community come “IVG: Ho abortito e sto benissimo”: medici che ti rimpallano per farti perdere tempo così puoi solo sottoporti all’intervento. E dal momento che in molte hanno paura della sala operatoria il gioco è fatto.
Il Comitato europeo dei diritti sociali, organo del Consiglio d’Europa, ha infatti denunciato il sistema italiano in tema di diritto all’aborto. Per cosa? Per esempio per il fatto che il Ministero della Salute da diversi anni non fornisce, neanche su richiesta, i dati sulle violazioni dei diritti riproduttivi, sugli aborti clandestini e sulle conseguenze dell’aumento degli obiettori.
Per il Comitato infatti l’Italia viola l’art. 11 della Carta Sociale Europea: “Ogni persona ha diritto di usufruire di tutte le misure che le consentano di godere del miglior stato di salute ottenibile”.
I posti in cui è meglio se non resti incinta
Alcune giunte Regionali, come quelle di Marche e Abruzzo, non hanno recepito la circolare ministeriale di agosto 2020 che dice che possiamo abortire con la RU486 senza ricoverarci in ospedale. Quindi ecco che fanno, sfruttano le zone grigie e la mancanza di controlli per impedire l’aborto a tante di noi.
In queste regioni ti impediscono di assumere la pillola abortiva nei consultori, nelle strutture ambulatoriali o in day hospital senza motivazioni scientifiche.
A sud Italia in molte devono spostarsi di città in città o di regione in regione per esercitare la loro volontà perché trovano solo obiettori o personale sanitario che afferma che “la pillola non c’è”. In Basilicata, a Matera, l’unico medico non obiettore in ASL è andato in pensione alla fine del 2020 costringendo le donne a raggiungere Potenza per poter accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. In Molise il 92% dei medici è obiettore di coscienza. A Bolzano si arriva all’87% mentre in Abruzzo, Puglia, Basilicata e Sicilia si supera l’80%.
Ai ginecologi e ginecologhe che esercitano il diritto di obiezione aggiungiamo il numero di obiettori/trici anestesisti (46%), e quello del personale non medico (42%), come gli infermieri, le infermiere e gli operatori e operatrici socio-sanitari.
E i no choice mica stanno a guardare
A questo disastro aggiungiamo i no-choice: una comunità di bigotti che accede a i tantissimi bandi in loro favore così le associazioni finiscono pure all’interno dei consultori. Inoltre campagne ricche di bugie e disinformazione vengono lanciate sui social e su manifesti in tutte le città del Paese con il solo scopo di terrorizzare le donne raccontando che la pillola è un veleno (partner di #liberadiabortire è infatti #nonèunveleno che fa invece giusta informazione).
#Liberadiabortire è quindi una campagna per la legge 194: per farla finalmente applicare e rispettare.
Si tratta di un’iniziativa promossa da Radicali italiani aperta a tutte le associazioni e alle persone convinte che la depenalizzazione prevista dalla legge 194/1978 non possa lasciare spazio né all’obiezione di coscienza di intere strutture ospedaliere pubbliche o addirittura di intere regioni, né tantomeno alle violenze psicofisiche che chi sceglie l’interruzione di gravidanza in molti casi devi affrontare, senza che nessuno venga mai ritenuto responsabile per la violazione del diritto di tutte.
Per firmare l’appello basta cliccare qui.