Politica&diritti

Un nuovo libro spiega perché vietare la gestazione per altri sarebbe un errore

La copertina del libro

Quelli del Villaggio colpiscono ancora, verrebbe da dire: dopo una serie di pubblicazioni che pongono la casa editrice come una delle realtà più attente alla questione femminile e Lgbt, arriva un testo destinato a far discutere per il tema sollevato: la gestazione per altri. L’autore è un esordiente, Alessandro Motta. Classe 1981, laureato in Filosofia, è stato un attivista in prima linea per i diritti della gay community: è stato presidente dal 2013 al 2015 del circolo provinciale di Arcigay Catania QueerRevolution e sotto il suo mandato si è approvato il registro delle unioni civili, nel capoluogo etneo. Dopo una pausa di qualche anno, ha deciso di tornare nel dibattito pubblico con Dalla parte del torto. Perché vietare la gestazione per altri è un errore (Villaggio Maori, Catania, € 14,50). Gaypost.it lo ha raggiunto per ascoltare il suo punto di vista sulla questione.

Nel tuo libro emerge la ridefinizione del concetto di “naturale”, aggettivo spesso scomodato per opporsi anche alle tecniche di riproduzione assistita. Perché il concetto di “natura” è un artificio?

Cos’è la natura? È il mondo che ci circonda? Possibile. Ma siamo anche noi. Il soggetto è l’ente che definisce cosa è la natura ed esso stesso è parte di essa. Cos’è naturale? È naturale tutto quello che viene prodotto dalla Terra? I grattacieli sono naturali? Non meno degli alveari o dei termitai. E quello che è naturale oggi lo è stato anche ieri? La schiavitù, ad esempio, era percepita come “naturale”, parola che spesso si sovrappone a “normale”, non molti secoli fa; oggi nessuno si sognerebbe di dire che la schiavitù è normale. Questo perché il concetto di natura è un dato storico e cambia nel tempo. L’idea di natura è un prodotto culturale, un artificio umano, e come tutto ciò che è culturale è mutevole. Ne consegue che non possiamo fondare alcun sistema valoriale assoluto su un concetto mutevole come quello di natura/naturale.

Altro aspetto critico: la sacralità della vita, argomento usato contro la gestazione per altri. Tu opponi a questo concetto quello di qualità della vita. Come mai?

Alessandro Motta

Tutto ciò che è sacro è intoccabile, immutabile, sempre identico a se stesso, mentre la vita è l’esatto contrario: è mutevole, molteplice, complessa, stratificata. Come possiamo incasellare dentro un sistema rigido un ente ribollente? Inoltre la sacralità prevede sempre sacerdoti, custodi, soggetti legittimati a condizionare le vite degli altri. Il concetto di sacralità, legato a quelli di creaturalità e indisponibilità, impone una presa sui corpi che non consente il raggiungimento di una vita felice. Preferisco il concetto di qualità della vita perché considera il soggetto in una dimensione più ampia e più matura, più responsabile. Egli non è il temporaneo possessore della vita che gli è stata donata da Dio e che alla fine deve restituire; egli diventa il primo artefice della propria felicità per mezzo del soddisfacimento dei propri bisogni, come singolo e come collettivo, e la realizzazione dei propri desideri. Tale libertà è anche un’enorme responsabilità, dal momento che le scelte che compiamo non possono essere attribuite a enti esterni a noi. La libertà responsabilizza.

Riguardo alle scelte sul proprio corpo, in ambiti definiti “sensibili”, delinei confini molto netti sulle competenze della scienza e della religione.

Una campagna a favore della Gpa

Per certi versi la scienza può essere assimilata a una chiesa. Sono due assolutismi. La prima ha il dogma della tecnica e la seconda quello della fede. Entrambe, tuttavia, nel momento in cui diventano campi di conoscenza paternalistici e normanti, oltrepassano i limiti consentiti a terzi di agire sui nostri corpi. Per ciò che riguarda il proprio corpo, nessuno dovrebbe avere voce in capitolo se non il soggetto, né le chiese né la scienza. La religione dovrebbe limitarsi ad offrire un sistema di valori entro i quali orientare il proprio comportamento e le proprie scelte, mentre la scienza dovrebbe informare e mettere a disposizione le tecniche necessarie.

Un aspetto conflittuale relativo alla Gpa è quello della mercificazione dei corpi, soprattutto quello femminile. Tema sul quale non ti tiri indietro, nel tuo libro.

Il problema della mercificazione del corpo è un problema reale, inutile far finta di no. Tuttavia è un problema molto più ampio di quanto non pensiamo se lo restringiamo esclusivamente alla Gpa. Il corpo delle donne in particolare, ma i corpi subalterni in generale, sono oggetto di sfruttamento laddove esistono sistemi economici che generano disparità sociale. Quindi la prima causa di mercificazione del corpo non è la Gpa, ma è la diseguaglianza e l’ingiustizia sociale.

Altro elemento che concorre a creare il fenomeno dello sfruttamento è la messa al bando della pratica: vietarla qui significa creare un mercato altrove e quell’altrove è spesso un luogo più povero. Non è la Gpa a creare sfruttamento del corpo, è la mancanza di regole che crea le possibilità dello sfruttamento. Uno Stato che sia fondato su un sistema di valori “occidentale” in cui i diritti umani rappresentino il minimo comune denominatore non potrebbe che regolamentare forme di gestazione per altri in cui non ci sarebbe alcun mercimonio né sfruttamento della portatrice, né degli ovociti, né dello sperma.

Una critica che potrebbe arrivare è quella per cui, ancora una volta, è un uomo che si interessa di un tema del genere. In che modo la Gpa è un argomento che riguarda anche il maschile?

Motta durante una manifestazione politica

Esistono argomenti che riguardano solo il maschile? Cosa? Il calcio è solo maschile? Le riviste di autocarri? La Gpa è un argomento che riguarda tutti quelli che vogliano farsi un’idea in merito e che vogliano concorrere alla definizione delle regole comuni legate anche alle pratiche biomediche. Non credo nella divisione dei compiti, non credo nella separazione delle lotte. Tempo fa un mio studente, a cui spiegavo Marx, mi disse: «Professore, allora Marx era un poveraccio se si interessava dello sfruttamento del lavoro operaio». Ecco, se ognuno avesse dovuto occuparsi solo di cose strettamente legate alla propria persona, non avremmo avuto alcun avanzamento della collettività se non quello del meschino senso dell’egoismo individuale.

Insomma, perché è un errore essere contro la Gpa?

Perché produce solo effetti negativi: diminuisce la libera disponibilità del proprio corpo (soprattutto del proprio corpo di donna), crea il mercato della Gpa e favorisce il cosiddetto turismo riproduttivo (che è appannaggio solo di chi può permetterselo), impedisce alle classi economicamente non agiate di ricorrervi, rafforza la mistica della maternità all’interno di un modello di famiglia univoco, mortifica il desiderio di genitorialità, criminalizza chi vi ricorre e chi vi si presta come portatrice e anche i figli che ne nasceranno. Essere contro la Gpa è un errore perché significa guardare il dito, quando la luna è il potere che opprime i corpi per mezzo, anche, della stretta sulla riproduzione. E ci sarebbe tanto altro da dire, ma vi rimando al libro.

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