Un licenziamento può sempre capitare, si direbbe in altre circostanze. Eppure non è così. Perché quello che è accaduto a Giovanna Cristina Vivinetto, poetessa e neolaureata in Lettere, lascia molti dubbi e molte ombre e tantissimo amaro in bocca. «Dopo appena due settimane di servizio, ieri la scuola paritaria che mi ha assunta mi ha licenziata in tronco» scrive l’autrice sulla sua pagina Facebook «con motivazioni confuse, nebulose e, in sostanza, poco credibili». La motivazione? Secondo Vivinetto, starebbe nella sua identità sessuale.
L’antefatto al licenziamento
Ma cosa è successo realmente? «Prima di essere assunta» scrive ancora, «c’era stato un serrato confronto tra la preside (che non mi voleva e che mi ha licenziata) e la proprietaria della scuola (che invece puntava sulla mia assunzione e fino a ieri è stata indecisa se tenermi ancora)». L’autrice, perciò, comincia a lavorare in questa scuola – una paritaria, della città di Roma – ma ad un certo pinto la situazione si complica. «Ho preso tre giorni di malattia la scorsa settimana per una forte tonsillite batterica con febbre a 39. Durante questi tre giorni di assenza, dice la preside, i ragazzi e i genitori “hanno trovato il coraggio” e sono andati a lamentarsi. Tra tutti i docenti, proprio di me».
Le “ragioni” del licenziamento
I motivi sarebbero vari: dall’essere indietro con il programma allo spiegare troppo velocemente – e qui Vivinetto mette in luce la prima contraddizione: se è indietro, come si fa ad andare troppo veloci? – oltre a presunte insicurezza e incapacità di tenere la classe e la disciplina. E ancora «non ho la tempra del docente perché, per “vocazione”, sono una poeta tout court» scrive ancora, e «la mia forma mentis è troppo “da scrittore e letterato” e poco da docente, e questo significa che “da artista” quale sono, le mie spiegazioni sono improntate a cose che non hanno attinenza con la realtà, ma a voli pindarici tipici degli artisti lunatici e imprevedibili».
Il rapporto con gli studenti
Insomma, più pretesti che motivazioni concrete. Giovanna Cristina Vivinetto, che è divenuta famosa presso il grande pubblico con la raccolta di poesie Dolore minimo, edito per Interlinea Edizioni, rimanda al mittente le accuse di inadeguatezza professionale. «I ragazzi in classe mi hanno sempre riferito tutt’altro, giudizi entusiastici» scrive ancora. «In due settimane» i suoi studenti, rivela ancora, si sono rivolti a lei per di più «per confidarmi i loro problemi, gli eventi di “bullismo” dentro la scuola, i loro desideri e aspirazioni. Volevano leggere le mie poesie, scriverne di loro pugno. Uno di loro è venuto a portarmi il suo prezioso quaderno con tutte le sue poesie scritte a mano. Un altro ha preso coraggio e ha letto in classe una sua poesia “che aveva vinto un concorso”».
L’ipotesi di transfobia
E azzarda un’ipotesi, la poetessa. Un’ipotesi che non vorremmo sentire, con la quale non ci si dovrebbe nemmeno confrontare, nell’Italia alle soglie del 2020. «Probabilmente a loro è pesata la mia assenza per malattia, dal momento che una scuola privata spesso sfrutta e non guarda in faccia nessuno». E ancora, «probabilmente c’entra il fatto che io sia una donna transessuale, e questo sarebbe già molto più triste e ingiusto. E non voglio pensarci».
La solidarietà della comunità Lgbt+
E intanto, sempre sui social, arrivano l’abbraccio e la vicinanza della comunità Lgbt+. Esprime la sua solidarietà Daniela Lourdes Falanga, presidente di Arcigay Napoli: «Un racconto, il suo, che non può chiudere una vicenda assai dubbia, intrisa di incertezze e, probabilmente, di compromessi legati al fatto che sia una donna trans». A lei, sempre nella sua bacheca, si accoda Vladimir Luxuria. Cristina Leo, attivista romana, chiede l’intervento delle istituzioni: «Se c’è stato un caso di transfobia, come purtroppo credo che sia, sarebbe giusto che il Ministro dell’Istruzione Fioramonti intervenga». L’attivista catanese Vera Navarria, fa notare infine: «In un paese normale ad avere un premio Viareggio e una poetessa del valore di Giovanna Cristina Vivinetto come insegnante farebbero la ola […] e invece qui l’hanno licenziata dopo sole due settimane» esprimendo la sua amarezza.