Dopo gli attacchi provenuti da più parti – da Arcilesbica ai cattodem – contro la nomina di Sergio Lo Giudice a responsabile del dipartimento per i diritti civili del Partito Democratico, il mondo Lgbt non sta a guardare e parte al contrattacco. Tra associazioni di respiro nazionale e singole personalità che hanno fatto la storia del movimento arcobaleno, per non parlare delle numerosissime testimonianze di solidarietà nei confronti dell’esponente dem.
Il comunicato del Mario Mieli di Roma
«Negli ultimi giorni un’alleanza tra un pezzo del mondo femminista e i parlamentari cattolici del Pd ha scelto come bersaglio politico la nomina di Sergio Lo Giudice a capo dipartimento Diritti Civili della segreteria del Pd» comincia così la nota di Sebastiano Secci, presidente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli di Roma, che fa notare che l’attacco non riguarda «Salvini e le sue politiche disumane» o altri fatti come «il razzismo galoppante» o «la saldatura tra populismi che minaccia le conquiste della comunità Lgbt+ mondiale». Per certi personaggi «il “nemico” […] è Sergio Lo Giudice» diventato padre grazie alla Gpa.
“Il Pd non ceda a pressing indegno”
«La storia politica di Sergio non ha bisogno di difese» continua ancora il comunicato del Mieli «e, sebbene talvolta abbiamo avuto visioni differenti, rappresenta un patrimonio comune per tutto il movimento Lgbt+ italiano». L’associazione romana, per altro tra le più importanti e rappresentative del panorama Lgbt nazionale, si spinge oltre e dichiara: «Noi stiamo con Sergio e chiediamo a Maurizio Martina e al Partito Democratico di non cedere a questo pressing indegno contro una delle persone che più di tutte si è spesa per i diritti Lgbt+ in Italia».
Famiglie Arcobaleno: “Alleanza innaturale con la destra reazionaria”
Per Famiglie Arcobaleno, si esprimono in un comunicato congiunto Marilena Grassadonia e Samuele Cafasso, che tornano sul valore della militanza dell’ex parlamentare dem. «La sua nomina a responsabile diritti del Pd è una buona notizia per tutti quelli che hanno a cuore le tematiche Lgbt+» si può leggere nella loro dichiarazione. «Chi lo critica oggi per la sua famiglia» continuano «dimostra ancora una volta di voler riproporre alleanze innaturali tra parti di associazionismo, pezzi di destra reazionaria e mondo cattolico. Queste alleanze finora hanno ottenuto un solo risultato: minori diritti per le persone Lgbt+. Non è la strada giusta».
La solidarietà dei big del movimento
E non manca la solidarietà di esponenti storici del movimento Lgbt italiano, a cominciare da chi ha militato a lungo – o continua a farlo – in Arcigay: «L’attacco sul piano personale a Sergio Lo Giudice è pazzesco, disgustoso, inaccettabile» tuona Franco Grillini, su Facebook. «Si può essere polemici in politica ma la persona non può essere mai oggetto di aggressioni in quanto tale». Duro anche Luca Trentini, già segretario nazionale del cavallino alato, che fa notare come «la parte clericale del PD, in cui mai mancano i bresciani Bazoli e Berlinghieri» si fa forte «dei proclami di Arcilesbica e della Terragni per colpire Sergio in ciò che più ama: i suoi figli». Entrambi esprimono, quindi, la loro personale solidarietà.
La solidarietà degli orlandiani
E anche dall’interno del suo partito arrivano attestazioni di stima e di solidarietà, rimandando al mittente gli attacchi sul piano personale. Da Dems Arcobaleno, l’associazione d’area che fa capo ad Andrea Orlando, si parla di «attacchi scomposti e decisamente fuori fuoco» facendo presente che «per contestare le sue posizioni sulla gestazione per altri, sono stati evocati la sua vita privata, i suoi affetti, la sua persona, peraltro in assenza di un qualunque atto politico che potesse anticipare un cambio della linea del Partito democratico sul tema». Si ribadisce, inoltre, la linea del Pd sul tema, ricordando che Lo Giudice «ha sempre mostrato la capacità di conciliare la fermezza delle proprie posizioni» con quelle del partito.
Il Pd al bivio
Una patata bollente, dunque, per Maurizio Martina. Il segretario del Partito democratico è posto di fronte a un bivio, con la comunità Lgbt da una parte e i settori più retrivi e omofobi del Paese dall’altra. Non è un caso, infatti, che proprio i cattodem furono tra i più strenui oppositori dell’approvazione delle stepchild adoption, ai tempi della legge sulle unioni civili. E un ulteriore cedimento in tale direzione del Pd, per quello che si profila come un attacco alle scelte genitoriali del neo-responsabile per i diritti civili – e che esula dalle sue capacità politiche, per altro – non sarebbe gradito dentro il mondo arcobaleno. Anzi. Come ha già scritto il Mieli, se si dovesse «fare retromarcia se ne assumeranno la responsabilità politica davanti al movimento Lgbt+ italiano e davanti al Paese».