“Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo”. È questo il claim scelto da Non Una di Meno, la rete di donne nata in occasione della scorsa giornata contro la violenza sulle donne e che oggi scende in piazza con uno sciopero globale (più di cinquanta paesi in tutto il mondo). Una giornata ribattezzata #LottoMarzo che vede numerose iniziative per un totale di 71 appuntamenti, alcuni già in corso, da Bolzano a Catania (di seguito la mappa con tutti gli eventi di oggi).
Perché uno sciopero
In otto punti, la rete Non una di Meno ha illustrato le ragioni per cui scioperare e non festeggiare nella Giornata internazionale della Donna. Il documento nasce da un’assemblea a cui hanno partecipato più di duemila persone e che si è tenuta a Bologna all’inizio di febbraio.
“I punti esprimono il rifiuto della violenza di genere in tutte le sue forme – si legge nel documento -: oppressione, sfruttamento, sessismo, razzismo, omo e transfobia”. “La violenza contro le donne non si combatte con l’inasprimento delle pene, spiegano, ma con “una trasformazione radicale della società. Scendiamo in strada ancora una volta in tutte le città con cortei, assemblee nello spazio pubblico, manifestazioni creative. Per questo “l’8 marzo incrociamo le braccia interrompendo ogni attività produttiva e riproduttiva”.
Gli otto punti
1) La risposta alla violenza è l’autonomia delle donne
Tutela e potenziamento dei centri anti violenza che rischiano di essere trasformati in “servizi assistenziali”. “I centri sono e devono rimanere spazi laici ed autonomi di donne – spiegano -, luoghi femministi che attivano processi di trasformazione culturale per modificare le dinamiche strutturali da cui nascono la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere”.
2) Senza effettività dei diritti non c’è giustizia né libertà per le donne
Il secondo punto riguarda la piena attuazione della Convenzione di Istanbul “contro ogni forma di violenza maschile contro le donne, da quella psicologica a quella perpetrata sul web e sui social media fino alle molestie sessuali sui luoghi di lavoro”. Per questo si chiede “che le donne abbiano rapidamente accesso alla giustizia, con misure di protezione immediata per tutte, con e senza figli, cittadine o straniere presenti in Italia”. “Vogliamo – continuano – l’affidamento esclusivo alla madre quando il padre usa violenza. Vogliamo operatori ed operatrici del diritto formati perché le donne non siano rivittimizzate”.
3) Sui nostri corpi, sulla nostra salute e sul nostro piacere decidiamo noi
“Aborto libero, sicuro e gratuito e l’abolizione dell’obiezione di coscienza” è il terzo punto del documento. Un argomento recentemente tornato nuovamente nel dibattito pubblico, ma che le donne conoscono bene da sempre. Non a caso si rifiutano “le sanzioni per le donne che abortiscono fuori dalle procedure previste per legge a causa dell’alto tasso di obiezione”. Inoltre, si chiede in oltre il pieno accesso alla Ru486 che si superi “il binarismo di genere, più autoformazione su contraccezione e malattie sessualmente trasmissibili, consultori aperti a esigenze e desideri di donne e soggettività LGBTQI”.
4) Se le nostre vite non valgono, scioperiamo!
Uno scioper, dunque, che non può prescindere dalle condizioni di lavoro e di retribuzione. Per questo le donne scendono in piazza per “rivendicare un reddito di autodeterminazione, per uscire da relazioni violente, per resistere al ricatto della precarietà, perché non accettiamo che ogni momento della nostra vita sia messo al lavoro”. La rete chiede “un salario minimo europeo, perché non siamo più disposte ad accettare salari da fame, né che un’altra donna, spesso migrante, sia messa al lavoro nelle case e nella cura in cambio di sotto-salari e assenza di tutele”. E inoltre “un welfare per tutte e tutti organizzato a partire dai bisogni delle donne, che ci liberi dall’obbligo di lavorare sempre di più e più intensamente per riprodurre le nostre vite”.
5) Vogliamo essere libere di muoverci e di restare. Contro ogni frontiera: permesso, asilo, diritti, cittadinanza e ius soli
Violenza è anche la “violenza delle frontiere, dei Centri di detenzione, delle deportazioni che ostacolano la libertà delle migranti”, definiti “razzismo istituzionale”. Per questo si chiede “un permesso di soggiorno incondizionato, svincolato da lavoro, studio e famiglia, l’asilo per tutte le migranti che hanno subito violenza”.
6) Vogliamo distruggere la cultura della violenza attraverso la formazione
E se di trasformazione culturale bisogna parlare, non si può fare a meno di un’educazione alle differenze, che parta dai primissimi livelli del sistema scolastico: “dall’asilo nido all’università, per rendere la scuola pubblica un nodo cruciale per prevenire e contrastare la violenza maschile contro le donne e tutte le forme di violenza di genere”. Non un generico intervento sulle pari opportunità, ma “coltivare un sapere critico verso le relazioni di potere fra i generi e verso i modelli stereotipati di femminilità e maschilità”.
7) Vogliamo fare spazio ai femminismi
Non un solo femminismo, ma tanti femminismi. “La violenza ed il sessismo sono elementi strutturali della società che non risparmiano neanche i nostri spazi e collettività. Scioperiamo per costruire spazi politici e fisici transfemministi e antisessisti nei territori, in cui praticare resistenza e autogestione” si legge ancora sul documento di Non Una di Meno.
8) Rifiutiamo i linguaggi sessisti e misogini
E ancora per restare nell’ambito della trasformazione culturale, lo sciopero si scaglia contro “l’immaginario mediatico misogino, sessista, razzista, che discrimina lesbiche, gay e trans”. “Rovesciamo la rappresentazione delle donne che subiscono violenza come vittime compiacenti e passive – conclude il testo – e la rappresentazione dei nostri corpi come oggetti”.
Le associazioni LGBTQI che aderiscono
Allo sciopero di oggi hanno aderito anche diverse associazioni LGBTQI. Tra queste, Arcigay, che con un comunicato invita alla partecipazione. “Con convinzione – spiega Valentina Vigliarolo, responsabile politiche di genere di Arcigay – sottoscriviamo e rilanciamo i punti della piattaforma politica della mobilitazione, nei quali riconosciamo il senso e la storia delle nostre decennali battaglie. Occorre insomma riconoscere con chiarezza il fallimento e l’iniquità del modello patriarcale e denunciare le diseguaglianze che produce attraverso quei confini che contrappongono i generi e li traducono in disparità di diritti, di opportunità, di salario, di lavoro, di possibilità di autodeterminarsi, di libertà”.
Anddos – Gaynet dà appuntamento a Roma dove alle 17 inizierà la manifestazione a partire dal Colosseo. L’associazione, che vuole dare un “tocco arcobaleno” alla manifestazione, prevede un pre-concentramento alla Gay Street, a partire dalle 16.30 (davanti al My Bar in via San Giovanni in Laterano 12) per unirsi poi al corteo ufficiale.
In piazza ci sarà anche il circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli di Roma.
“Le violenze sulle donne, di qualsiasi tipo esse siano, e il tentativo tutto maschile di spadroneggiare e relegare le donne in situazioni di sottomissione e di inferiorità – si legge in una nota -nasce da un modello maschilista della società, lo stesso che agisce nei confronti di omosessuali, lesbiche e transessuali, discriminandoli. La nostra comunità deve molto, in termini di elaborazione politica, al movimento femminista e alle donne ed è quindi nostro improrogabile dovere manifestare la nostra vicinanza a tutte le iniziative e cortei di domani”.
Anche il Gay Center di Roma organizza un pre-concentramento presso la sua sede di via Via Zabaglia, 14. Prorio oggi, alcuni manifesti omofobi e sessisti sono apparsi davanti ai locali dell’associazione, motivo in più per unirsi a #Lottomarzo. L’appuntamento è per le 16.30 per unirsi poi al corteo delle 17 dal Colosseo.