Se guardiamo al mondo e ai paesi in cui sono stati approvati i diritti per le persone Lgbt, notiamo alcuni fatti degni di nota, a nostro giudizio. Questi potrebbero essere uno spunto di riflessione per cercare di capire come approcciarsi con la questione Lgbt in un’ottica più globale. Ma facciamo un passo alla volta, appunto.
Dalle unioni al matrimonio
Osservando la cartina dell’Europa, vediamo come le unioni civili al momento prevalgono nei paesi che si affacciano nei mari interni (per lo più il mar Mediterraneo, allo stato attuale, con una diramazione sul Baltico). Ciò avviene per due ragioni: innanzi tutto perché i paesi che hanno legiferato da più tempo in materia sono quelli che, appunto, si trovavano a ridosso di quei versanti (compresa la sponda del Mare del Nord). In secondo luogo perché gli stati che hanno esteso più recentemente le tutele alle coppie dello stesso sesso, si sono rifatti – come nel caso italiano – a soluzioni più moderate e meno coraggiose.
I due “assi” europei
Fino a qualche mese fa avevamo, nel contesto europeo, due “assi”. Quello che possiamo definire come “atlantico” e che vede i paesi che si affacciano sull’oceano che dalle unioni civili sono passati al matrimonio (con alcune eccezioni, tipo la Spagna) e l’asse “baltico-mediterraneo” che aveva tra i paesi più importanti Italia e Germania. Quest’ultima, tuttavia, ha da poco aperto al matrimonio egualitario. L’Italia si trova, perciò, come unico paese tra i fondatori dell’Europa unita ad avere un modello tra i più obsoleti e in compagnia di paesi minori (dalla Slovenia alla Grecia, passando per Cipro e i paesi alpini). Tuttavia anche sul fronte mediterraneo le cose cambiano, come dimostra il caso maltese.
La situazione nel mondo
Un’ulteriore argomento di riflessione, ci viene dall’analisi del planisfero. Come vediamo nella cartina, l’Atlantico è ancora una volta l’oceano sul quale si affacciano i paesi che prima e meglio hanno legiferato sulle unioni tra persone dello stesso sesso, o procedendo per soluzioni graduali o approvando direttamente il matrimonio egualitario (oltre alla già citata Spagna, si ricordi il caso del Sud Africa, ad esempio).
Dall’altra parte del globo, in quello che è il blocco afro-asiatico, abbiamo o paesi che non riconoscono nessun diritto o addirittura stati in cui le persone Lgbt sono perseguitate: dalla Russia, dove c’è il divieto di dichiararsi gay, a certi paesi mediorientali dove è prevista la pena di morte. Un’appendice a parte è rappresentata dall’Oceania, dove l’Australia ha ancora situazioni di un certo squilibrio interno e dove invece la Nuova Zelanda si è allineata alle posizioni dei paesi più avanzati.
Diritti e democrazia
Emergono alcune evidenze: i paesi più democratici sono anche quelli che legiferano per le minoranze o quelle che vengono ritenute tali per la loro identità sessuale. Non è un caso che la Repubblica Sudafricana abbia adottato la legge sul matrimonio proprio con il finire dell’apartheid. Non è un caso che i paesi dell’America latina, liberatisi dal gioco delle sanguinose dittature del secolo scorso, si siano progressivamente aperte ai diritti delle persone Lgbt.
Di contro, le democrature europee (Russia in testa) e i paesi più illiberali o laddove abbiamo regimi repressivi (Iran, Arabia Saudita, ecc) puniscono le sessualità non normative. Democrazia e diritti Lgbt sono quindi inscindibili, tra loro. E questo è un dato empirico oggettivo. Ciò non deve però portarci all’errore di estreme semplificazioni, come il rischio dell’eurocentrismo: anche nei paesi più svantaggiati (come Uganda, stati ex sovietici e alcuni paesi musulmani) abbiamo comunità Lgbt che cercano di portare avanti la lotta per l’uguaglianza.
Cosa vuole essere l’Italia?
Ciò non vuol dire, ovviamente, che tutte le democrazie siano anche gay-friendly – come dimostra il caso dell’India – ma il regime democratico è condizione necessaria, qualora non sufficiente. Ce lo insegna, ad esempio, la storia del nostro paese che per ben trent’anni ha resistito all’approvazione di norme a favore della comunità arcobaleno e che rimane una delle realtà più difficili del panorama europeo, in quanto a diritti Lgbt.
Ciò ci pone di fronte a un interrogativo importante: l’Italia vuole essere paese leader anche sul fronte dei diritti civili – cosa che fino ad adesso le è riuscita malissimo – o si accontenta di rappresentare la retroguardia dell’UE? La scelta è, in altri termini, quella di essere appendice in mezzo a ciò che resta dell’asse baltico-mediterraneo o avere uno scatto d’orgoglio – è il caso di dirlo – e recuperare il gap culturale e politico con le altre nazioni.