La legge 40 torna di nuovo all’esame della Corte Costituzionale: in particolare, i ‘giudici delle leggi’, questa volta, dovranno sancire se sia legittimo o meno il divieto per le coppie omosessuali di accedere alle tecniche di procreazione assistita.
Martedì prossimo, in udienza pubblica, la Corte inizierà a vagliare la questione di costituzionalità sollevata, con due distinte ordinanze, dal tribunale di Pordenone e da quello di Bolzano. La causa avviata a Pordenone concerne il ‘no’ della Asl opposto a due signore, conviventi da quasi 10 anni e dal 2017 unite civilmente: una delle due ha partorito anni fa due gemelli, dopo essersi sottoposta a fecondazione eterologa in Spagna; l’altra, invece, ormai vicina ai 40 anni, chiede di poter accedere a breve alle tecniche di Pma in Italia, anche al fine di evitare i notevoli costi dell’intervento all’estero. Il tribunale di Pordenone ha rimesso quindi gli atti alla Consulta, dubitando della costituzionalità della legge nella parte in cui limita l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle sole “coppie di sesso diverso” sanzionando quindi chiunque applichi tali tecniche “a coppie composte da soggetti dello stesso sesso”.
Secondo il giudice, il divieto per le coppie formate da soggetti dello stesso sesso risulterebbe in contrasto con diversi articoli della Costituzione e di principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: le norme censurate, rileva il tribunale di Pordenone, determinerebbero una lesione di diritti inviolabili della persona (quali il diritto alla genitorialità e alla procreazione, nell’ambito di un’unione civile legalmente riconosciuta dallo Stato italiano), causerebbero una discriminazione dei cittadini per il loro orientamento sessuale e, in considerazione delle condizioni patrimoniali delle coppie, non favorirebbero gli istituti necessari per proteggere la maternità, inciderebbero sulla salute psicofisica del genitore e, infine, introdurrebbero, anche con riguardo al panorama della legislazione europea, un irragionevole divieto basato su discriminazioni legate all’orientamento sessuale della coppia.
L’ordinanza di rimessione del tribunale di Bolzano, invece, è stata emessa nell’ambito della causa avviata da una coppia di donne sposate in Danimarca (atto trascritto nel registro delle unioni civili in Italia) contro la Asl: le due signore hanno entrambe patologie per cui chiedono di poter ricorrere alla fecondazione eterologa. Per questo, il giudice di Bolzano, sollevando le questioni di legittimità costituzionale sulla legge 40, evoca anche il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e la Convenzione dei diritti delle persone con disabilità, da intendersi, in tal caso, come disabilità riproduttiva.
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