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Massacrata di botte Elena Milashina, la giornalista che denunciò le persecuzioni dei gay in Cecenia

Elena Milashina, giornalista russa di Novaya Gazeta, è stata brutalmente aggredita e picchiata in Cecenia. L’aggressione è avvenuta a Grozny, capitale della Cecenia, dove Milashina e il suo avvocato Aleksandr Nemov si trovavano per seguire un processo.

L’agguato a Milashina e Nemov

Il taxi su cui viaggiavano è stato circondato da tre auto da cui sono scesi uomini armati e vestiti di nero.
L’avvocato è stato accoltellato alla gamba mentre Milashina è stata rasata, picchiata, frustata sulla schiena, le sono state spezzate le dita. Poi calci e pugni in testa e in altre parti del corpo e l’antisettico verde sulla testa rasata, lo stesso che viene usato contro gli oppositori dei regimi russo e ceceno, come riporta Giovanni Savino su Valigia Blu.

Alcune delle ferite inferte a Elena Milashina

L’aggressione è avvenuta martedì 4 luglio scorso e i due sono stati trasportati con un aereo sanitario in Russia nella notte tra il 4 e il 5. A bordo dell’aereo anche Dmitrij Muratov, premio Nobel e direttore di Novaya Gazeta.

Aggredita per il suo lavoro sui diritti umani

Come ha raccontato la stessa Milashina, gli aggressori hanno urlato: “Qui difendi troppa gente, difendila a casa tua”.

Milashina, che lavora per lo stesso giornale per cui lavorava Anna Politkovskaja di cui è considerata l’erede, da molto tempo si occupa delle violazioni dei diritti umani in Cecenia.
Era stata lei a denunciare per prima le persecuzioni che il regine di Kadirov aveva messo in atto contro le persone LGBT+ del suo Paese e, in particolar modo, contro i gay. Le inchieste di Milashina fecero il giro del mondo con le storie dei tanti gay arrestati, torturati, tenuti in prigioni non ufficiali paragonate da alcuni a una sorta di campi di concentramento. Alcuni riuscirono a scappare anche grazie al supporto dell’associazione Russian LGBT. Molti furono uccisi.
Per quelle denunce, Milashina subì minacce di morte e dovette scappare in un luogo segreto.

Perché Milashina era a Grozny

Elena Milashina prima dell’aggressione

Anche il processo che i due si apprestavano a seguire il giorno dell’aggressione riguardava la violazione di diritti. Alla sbarra è andata Zarema Musaeva, madre dei fratelli Abubakar, Ibraghim e Baysangur Yangulbaev. Attivisti, i due fratelli hanno più volte denunciato le torture messe in atto dal regime di Kadirov contro gli oppositori. La donna è stata condannata per “aggressione a pubblico ufficiale e frode”. Secondo diverse fonti, una condanna del genere in Cecenia può costare la vita. Secondo Milashina, la sua unica colpa è di essere madre.

L’accusa di “ferite lievi e moderate”

Le condizioni di Elena Milashina sono molto serie a causa del trauma cranico, delle fratture e delle tante ferite riportate.
Gli aggressori di Milashina e Nemov non sono stati identificati. Contro di loro l’accusa è soltanto per “ferite lievi e moderate” che comporterebbe una pena di massimo 5 anni di reclusione.

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