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Una miss decisamente “alternative” tra glitter e lotta per i diritti Lgbt

Il mini-contest lanciato da Gaypost.it qualche giorno fa dal titolo #un2018gender è stato un successo soprattutto per la vincitrice che ha ricevuto centinaia di cuori con la sua foto! Il suo nome (d’arte) è Morgana Cosmika e visto che è anche la vincitrice della scorsa edizione di Miss Alternative abbiamo deciso di farle qualche domanda…

Prima classificata a Miss Alternative 2017 e adesso anche prima classificata al contest di Gaypost per #un2018gender: non ti sembra che stai un po’ esagerando amicah?

Che posso dire, è un anno “Cosmiko” eheh, in realtà mi sento molto fortunato e ringrazio di cuore tutti quelli che mi hanno votato, a Miss Alternative e su Gaypost.

Per i pochi profani che non lo conoscono, vuoi provare a spiegare che tipo di concorso è Miss Alternative e perché è così importante? Quando si svolgerà la prossima edizione?

The Italian Miss Alternative è un concorso nato nel 1994 a Bologna, dal genio di Stefano Casagrande e prodotto dal Cassero con lo scopo di finanziare le associazioni amiche che si occupano di lotta all’AIDS. Nel concreto consiste in una sfilata di abiti meravigliosamente improponibili realizzati con qualunque materiale (spesso di riciclo come vuole la tradizione del concorso, ndr) e valorizzati da scarpe rigorosamente con il tacco alto.

Da chi o cosa trae ispirazione il tuo nome d’arte, Morgana Cosmika?

Trovare il nome non è stato semplice. Forse anche più del creare il vestito per la sfilata.Cercavo qualcosa che fosse orecchiabile e al tempo stesso un po’ “Alternative” e guardando un cartone animato insieme a mia nipote ho sentito “Morgana” e da lì è stato un attimo associargli “Cosmika” con la K che fa giovane. Eheh…

Chi si nasconde dietro Morgana nella vita di tutti i giorni? Sei single o deluderai i tuoi fans?

Dietro la barba glitterata di Morgana c’è Claudio, un Interior designer molto tranquillo ed in parte anche timido, che vive a Bologna insieme al marito Mattia e a due chihuahua adorabili.

Fra poche settimane inizierà la lunga stagione dei Pride 2018: qual è il tuo rapporto con la visibilità e l’orgoglio?

Ho dichiarato la mia omosessualità da adolescente e devo dire che da lì è stato un percorso in discesa. Sicuramente mi ha aiutato molto avere una famiglia fantastica che mi ha sempre sostenuto e dato amore incondizionato. Ricordo ancora quando partecipai insieme a Mattia come “prima coppia sposata” a L’eredità su Rai1, chiamai i miei genitori preoccupato per cosa gli avrebbero potuto dire amici e parenti, la risposta di mia madre fu epica: «Claudio se mi dovessero domandare “ma Claudio è gay?” risponderò , si! Ho fatto un figlio maschio, una figlia femmina, un figlio gay…e se avessi avuto un po’ di tempo in più avrei fatto anche una figlia lesbica!»

Cosa ne pensi delle polemiche che tutti gli anni circondano questa importante manifestazione?

Polemizzare sul fare o no un Pride, per me, non ha senso. Il Pride va fatto perché è servito e perché serve ancora. Al Pride non si va perché è una festa dove ci si diverte, o comunque se pure ci si diverte il motivo per cui milioni di persone si radunano in strada e cantano la Carrà e ballano Madonna non è il divertimento, ma è un momento di condivisione e rivendicazione politica. A quelli che mi dicono “io al pride non vado perché non mi rappresenta” rispondo sempre: il pride “non si fa per te” ma per i ragazzini di Rossano Calabro, che se si fanno crescere i capelli vengono menati perché se sono maschi i capelli “corti devono essere”; si fa per il ragazzetto di Roma che veniva insultato perché voleva mettere dei pantaloni rosa, si fa per le transessuali e i transessuali che ogni anno vengono ammazzati come e peggio degli animali, si fa per le persone Lgbtq che in Russia, al momento, non possono neanche pronunciare la parola “gay” perché li arrestano, si fa per le persone sieropositive che per prime hanno dovuto gestire – e da sole – uno stigma sociale ancora lontano dal cambiare.

Un approccio da rivoluzionario, il tuo…

Il Pride, ripeto, si fa per gli altri, non per noi. Il Pride si fa per i diritti e i diritti sono di tutti, senza se e senza ma e non si chiedono per favore, si pretendono e l’unico modo per farlo è farlo in piazza, protestando, provocando con la sessualità diversa dalla regola e negata, sulle identità poliformi, sul genere indistinto che sembra faccia ancora paura. Finché ci sarà una Meloni che minaccia di annullare le unioni civili, finché ci sarà un Adinolfi che ci giudicherà genitori di serie B, finché ci saranno giornalisti che scriveranno “Morto un trans, o gay” io parteciperò al Pride con più glitter possibile.

Per concludere a te che sei (come si vede bene dalle foto) maestra di stile, eleganza e sobrietà chiediamo un consiglio per valorizzare la bellezza di noi Beagles.

Glitter come se piovesse, tacchi alti e mai mai mai le perle prima dei 40: fa cafona.

Forse Morgana non ha proprio capito che la stavamo prendendo in giro, ma dopo l’offesa sulle perle (che noi che siamo signore indossiamo) siamo pronte ad un cat-fight e a strapparle di dosso i glitter ad uno ad uno… Sipario!

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