Si è spenta ieri, ad 88 anni, Edith Windsor, l’attivista grazie alla cui battaglia ha fatto sì che la Corte Suprema statunitense abolisse il Defense of Marriage Act nel 2013. Quella sentenza, nel 2013, riconobbe per la prima volta il matrimonio egualitario e, con esso, innumerevoli benefici federali. Ad annunciare la morte di Edith, è stata la moglie, Judith Kasen-Windsor, con cui si era sposata nel 2016.
La sentenza che ha fatto la storia
La sentenza sul caso di Edith Windsor è considerata la seconda più importante sul percorso per l’estensione del matrimonio alle coppie omosessuali negli Usa. Quella pronuncia della Corte Suprema era limitata a 13 stati, oltre che al District of Columbia. Fu nel 2015 che la stessa Corte stabilì che il matrimonio tra persone dello stesso sesso era un diritto costituzionalmente garantito in tutto il Paese, con tutti i diritti e i doveri connesi.
La portata storica della sentenza che la riguardò è pari a quella che, nel 2003, ebbe quella sul caso Lawrence contro il Texas che comportò la decriminalizzazione dell’omosessualità in tutti gli Usa.
La storia di Edith e Thea
Dopo aver vissuto insieme per quaranta anni, Edith Windsor e Thea Spyer si erano sposate in Canada nel 2007. Nel 2009, Spyer morì e sua moglie ereditò le sue proprietà. Ma l’Internal Revenue Service (l’equivalente della nostra Agenzia delle Entrate) le contestò il pagamento delle tasse sull’eredità da cui, invece, erano esonerate le coppie eterosessuali.
La donna dovette pagare più di 360.000 dollari, ma fece ricorso portando la sua battaglia per essere considerata al pari di una vedova etero fino alla Corte Suprema. E vinse, ottenendo il risarcimento delle tasse pagate e l’estensione di moltissimi diritti previsti per le coppie eterosessuali anche a quelle gay.
Il Doma colpito al cuore
Quella sentenza, di fatto, colpiva direttamente il Defence of Marriage Act, approvato nel 1996 e firmata dall’allora presidente Bill Clinton. Annullando la definizione di matrimonio come “unione di un uomo e una donna” contenuta nel Doma, la Corte di fatto invalidava l’intera legge e per la prima volta riconosceva i partner di matrimoni tra omosessuali e i benefici garantiti agli eterosessuali sposati.
“Matrimonio è una parola magica – diceva Edith Windsor -. E lo è in tutto il mondo. Riguarda la nostra dignità di esseri umani e il poter essere ciò che siamo apertamente”. A Edith Windsor, oggi, anche il Consolato Americano a Milano dedica un ricordo.