C’è davvero chi può raccontare un’adolescenza felice? A questa domanda tenta di rispondere un intero filone di cosiddetti teen movie, moltiplicatisi negli ultimi anni fino all’eccesso. La risposta della grande maggioranza di queste pellicole vuole essere consolante, ottimista, mentre quando racconta l’apatia dei ragazzi lo fa spesso con gli occhi di chi ragazzo di oggi non è, sottintendendo giudizi tagliati con l’accetta, ma con la pretesa di scrivere storie universali e assolutorie. Due caratteristiche che il nuovo film di Ivan Cotroneo evita accuratamente. Per questo “Un bacio” riesce a distaccarsi dalla piattezza pressoché uniforme dei film generazionali.
La storia
I protagonisti sono tre giovani solo apparentemente tipizzati: Antonio (Lorenzo Pazzagli), considerato da tutti un po’ scemo ma fortissimo a basket, perseguitato dalle visioni del fratello morto, il figlio perfetto che lui non sarà mai. Blu (Valentina Romani), la giovane alternativa e cinica, considerata una ragazza “facile” per essere stata a letto coi ragazzi più in vista della scuola. E Lorenzo (Rimau Grillo Ritzberger), un giovane orfano, trasferitosi da Torino a Udine con due genitori adottivi che lo adorano. E che soprattutto lo amano esattamente com’è: dichiaratamente e “favolosamente” gay. È soprattutto intorno a lui che ruota la vicenda.
L’omofobia può uccidere in molti modi
In un’Italia che si è mossa, ma in cui quotidianamente si sente ripetere che l’omofobia non esiste, Cotroneo traspone in immagini, dopo sei anni, il suo romanzo per raccontare il contrario. Candidato anche ai DMA2017, prodotto da Indigo Film, Titanus e Rai Cinema, “Un bacio” (ora in replica sui canali Sky Cinema e disponibile sul servizio On Demand) spinge a non volgere lo sguardo, perché l’omofobia può uccidere in molti modi.
A prescindere dalle caratteristiche tecniche di un film ben interpretato e validamente confezionato, è su questo che importa soffermarsi in questa sede.
In primo luogo sulla figura di Lorenzo, tra camicie colorate smalto sulle unghie, elementi ironici eppure reali che riescono a non cadere nella macchietta se non quando è il ragazzo stesso a ironizzare su di sé. Il giovane sembra il prototipo di ciò che ogni adolescente gay vorrebbe diventare. Libero, sereno, lontano dalla paura dei giudizi di un ambiente scolastico chiuso e provinciale. È in realtà un animo scisso. La sua risposta alla realtà è la rimozione. E più il mondo si dimostra crudele, più Lorenzo si rifugia al suo esterno.
Un mondo che cambia forma per evitare il suicidio
Se questa vita è insopportabile così com’è e c’è l’odio, il rifiuto, le botte, il mondo per lui cambia forma e si popola di colori, di coreografie in cui un liceale diventa Lady Gaga e il Micheal Jackson di Billie Jean, di figure di compagni che gli chiedono perdono. Perchè solo così può evitare la stessa sorte di chi muore solo e suicida. Blu entra con lui in questa realtà. Ma Antonio no, non ne è capace.
Per lui la realtà, la solitudine non hanno via d’uscita, in una claustrofobia di cui l’immagine del fratello omofobo e sarcastico non è che la personificazione. L’amore di Lorenzo per Antonio diventa così un incubo, la realizzazione di tutto ciò che forse vorrebbe o forse no, ma che di certo non può. Un fantasma che tuttavia attira, fino a spingere dove non sarebbe voluto arrivare, al bacio che potrebbe aprire una storia diversa, ma da cui invece scappare il più lontano possibile. Che fa tanta paura da rendere folli, precipitare in un baratro da cui indietro non si torna.
La parte brutale dell’adolescenza
Cotroneo non vuole raccontare “i ragazzi”. Ne racconta con piena consapevolezza una parte. Quella brutale, spietata, divorata dal desiderio di piacere e divorante sul più debole. E non cerca finali consolatori, forzati. Porta la cruda realtà che sta tratteggiando alle sue estreme conseguenze, e chi guarda le sente tragicamente meno inverosimili di quanto vorrebbe. Intorno ai tre ragazzi si muovono figure di adulti che coprono tutto lo spettro dei possibili caratteri. Dagli insegnanti, per cui Lorenzo non è altro che un pericoloso elemento perturbante del loro quieto vivere, ai genitori di Lorenzo, fieri di lui e pronti a ricordare, con le parole di suo padre, che “mio figlio non va tollerato, va accettato per quello che è”.
Il confine tra vittime e colpevoli
Lorenzo, fedele alla corazza che si è costruito, non si piega. Fino a che si spezza. E a tutti, giovani e adulti, non resta altro che fare i conti con ciò che sono, sulla società che il loro odio ha costruito, in cui il confine tra vittime e colpevoli si fa tuttavia drammaticamente labile. Chi può essere accusato e chi assolto quando è minato dalla fragilità? Non resta che sperare di crescere, di uscire dal tunnel dell’adolescenza, anagrafica o psicologica che sia, guardarsi con occhi nuovi e finalmente capire che “Non sarebbe dovuta finire così. Poteva andare diversamente. Bastava poco a essere felici. Bastava essere più forti, avere meno paura”. E una scossa spietata e concreta come questa, che mostra la realtà che vorremmo non vedere, senza eccedere in sentimentalismi ed emozioni facili, può servire.