Lo annuncia ufficialmente questa mattina il quotidiano fondato da Mario Adinolfi, “La Croce”: già alle prossime elezioni amministrative nelle schede elettorali troveremo “Il Popolo della Famiglia”, il partito fondato dal direttore del giornale in questione da Gianfranco Amato, avvocato e presidente di Giuristi per la Vita, protagonista negli ultimi anni di tour di conferenze “anti-gender” in tutta Italia.
“Con un appello firmato Gianfranco Amato-Mario Adinolfi – si legge sul profilo Facebook del direttore de La Croce – rispondiamo al grido che da tutta Italia si leva per provare a fermare un paese avviato verso il baratro. C’è stato chiesto da migliaia di messaggi di costituire un soggetto politico: eccolo. Si presenta alle amministrative in tutta Italia, chiedendo un miracolo al Signore. Abbiamo 69 giorni per raccogliere decine di migliaia di firme certificate da notaio o pubblico ufficiale, presentare candidati sindaci e liste collegate, preparare una campagna elettorale di 30 giorni che chieda consenso su una idea precisa: sui principi della vita e della famiglia, sui diritti dei deboli non si negozia“.
I toni sono sempre quelli della crociata, il simbolo esplicita il loro programma politico e mette insieme i due mantra che hanno fatto da linea conduttrice tra i due ultimi Family Day (quello del 20 giugno a San Giovanni e quello del 30 gennaio al Circo Massimo). In mezzo, prima e dopo, le centinaia di veglie delle Sentinelle in Piedi, le conferenze di Amato, Gandolfini, Miriano e Adinolfi e un solo scopo reale: impedire che in Italia le coppie gay e lesbiche e le loro famiglie venissero riconosciute e tutelate. E prima ancora, togliere ogni dignità di esistenza alla gay community e ai suoi appartenenti evitando perfino che di omosessualità e transgenderismo si parlasse nelle scuole, ovvero dove più violenta può essere la discriminazione perché rivolta a bambini e adolescenti.
Se ancora ce ne fosse bisogno, è lo stesso simbolo che palesa la strategia dei guru dei Family Day: contrastare il “gender nelle scuole” per puntare al no alle unioni civili (e lasciamo perdere il matrimonio egualitario).
Quel “Renzi te ne pentirai” scritto su un enorme striscione al Circo Massimo il 30 gennaio, in effetti, lasciava già presagire un passo del genere e negli scorsi giorni diversi sono stati i segnali in questa direzione. La stessa Costanza Miriano ieri aveva scritto una lettera a Renzi, pubblicata dal Foglio, in cui tra le altre cose raccotava come “nelle parrocchie di tutta Italia ci vado davvero, tutte le settimane, e a centinaia ogni volta mi dicono la stessa cosa, e implorano la nascita di un partito che parli la loro lingua. Io rispondo sempre che voglio fare la mamma, e una che deve preparare pane e salame e correggere il dettato non può fare politica, ma mi auguro che qualcuno dei miei compagni di avventura raccolga questo grido accorato”.
Al netto del fatto che se va “nelle parrocchie di tutta Italia, ogni settimana” sfugge dove abbia il tempo di “preparare pane e salame e correggere il dettato”, qualcosa ci dice che la signora Miriano sarà tra i candidati di punta di questo partito ispirato solo dall’odio verso le persone già discriminate, ammantanto di amore verso la famiglia (solo la loro, sia chiaro). E tanti saluti alla “sposa sottomessa”.
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Non esiste né può esistere un partito politico capace di rappresentare una fede religiosa. Rigetto nel modo più radicale che questa persona possano rappresentare, come talvolta si dice, Dio o il suo popolo o la sua volontà, né tantomeno una Chiesa o delle parrocchie, in primo luogo perché effettivamente il cattolicesimo italiano, cui loro riferiscono, presenta versanti troppo differenti, di cui una parte essi non possono né vorrebbero essere la voce; in secondo luogo, e di principio, la religione è qualcosa di troppo complesso e profondo per poter essere imbrigliato a interpretato degnamente dall’attività politica, il cui campo, se non radicalmente, è comunque altro.