“Mi scuso con Sergio Lo Giudice a nome del mio partito. E mi scuso anche a nome personale perché in quanto leader dell’area a cui fa riferimento, non sono stato capace di difendere la sua ricandidatura”. Così ha dichiarato il ministro Andrea Orlando ha sulla vicenda della mancata candidatura del senatore uscente Sergio Lo Giudice nelle liste del Pd. “Questa legge (quella sulle unioni civili, ndr) si chiama Cirinnà, ma dovrebbe chiamarsi Cirinnà – Lo Giudice” ha aggiunto, strappando un lungo applauso alla platea che lo ascoltava ieri pomeriggio nella sede del Circolo Mario Mieli di Roma dove Orlando ha voluto incontrare la comunità lgbt.
“Non candidare Lo Giudice è come non aver candidato Loris Fortuna dopo che è passata la legge sul divorzio – ha continuato -. L’impegno non è mancato: abbiamo aspettato per tre giorni davanti a una porta in attesa che ci ricevessero”. Poi, incalzato dalle domande sulla credibilità del partito proprio sulle candidature ha aggiunto: “Sono stato educato a difendere il mio partito sempre e comunque, anche quando è indifendibile. Ma a dire che è stato meglio candidare Casini che Sergio, proprio non ce la faccio”.
Ma per Orlando l’assenza di Lo Giudice, ma anche di Manconi e Lumia, dalle liste a fronte dell’alleanza con Casini e Lorenzin, non deve essere letta come un pericolo rispetto alle posizioni del Pd sui diritti civili. “C’è stato un ricambio generazione – ha osservato – che fa ben sperare e le nuove candidature condividono le impostazioni del Pd sui diritti”.
Un incontro partecipatissimo, quello al Mieli, durante il quale molto si è parlato degli attacchi di questi giorni proprio alle unioni civili e di quale futuro si prospetta per la battaglia sui diritti civili con la prossima legislatura. “Una battaglia che deve continuare – ha sottolineato il presidente del Mieli, Sebastiano Secci – e noi vigileremo. La politica fa la politica, ma noi facciamo movimento”. “Aspettiamo la chiusura dei programmi – ha proseguito – e ci ricorderemo delle promesse che ci state facendo ora. E sappiamo essere molto fastidiosi”.
Sergio Lo Giudice, accolto calorosamente dalla comunità, ha sottolineato quanto siano “insopportabili gli attacchi che puntano a tornare indietro sui diritti”. “Questo ci ricorda che i diritti non sono conquistati per sempre – ha proseguito -: bisogna tenere alta l’attenzione. Certo, i tanti piccoli passi fatti in questa legislatura delineano un confine dal quale è difficile tornare indietro, ma non ci aspettiamo solo la loro tutela, dalla prossima legislatura. Dobbiamo rilanciare. Abbiamo un mastino da guardia come Monica (Cirinnà, ndr), ma serve lo stimolo e la collaborazione delle associazioni”.
Matrimonio, legge contro l’omofobia, adozioni e riconoscimento della genitorialità delle coppie gay e lesbiche alla nascita dei figli sono state le parole d’ordine condivise da Lo Giudice e dalla senatrice Cirinnà, sebbene il programma del Pd non sia ancora noto. “Deve essere chiaro che quando parliamo di coppie omosessuali – ha incalzato Cirinnà – non parliamo di coppie e di persone sterili che possono solo adottare”. “Avremo altri attacchi e tentativi di smantellare la legge – ha aggiunto – e avremo bisogno di una spinta fortissima. Il movimento resti avanguardia”.
“Ci approcciamo a una stagione che segna sempre i passi in avanti – ha aggiunto Orlando -, come dopo la legge sul divorzio, quando ci fu una recrudescenza di certa politica reazionaria. Oggi il momento è anche peggiore di allora. Dobbiamo mettere da parte l’amarezza per evitare che questa marea montante possa scalfire i risultati raggiunti. L’unica forza che può fermare questa marea, per come si sono messe le cose, è il Partito Democratico”.
Un invito all’unità è arrivato dall’europarlamentare Daniele Viotti. “L’unità dell’Italia laica e progressista, al di là di partiti e coalizioni – ha specificato -. Questi si definiscono moderati, ma sono loro i peggiori estremisti. Loro che attaccano i diritti e diffondono odio, non noi. Non il movimento che ha dimostrato di saper comprender quando era il momento di supportare una legge, che pure non era quella che era stata chiesta”.
Una legge che, ha spiegato il giurista Angelo Schillaci, coordinatore di Dems Arcobaleno, che “è una legge ordinaria e quindi può essere smantellata”. “Ma – ha spiegato – sarebbe un vulnus costituzionale. Le unioni civili non sono arrivate dal nulla, ma su sollecitazione della Corte dei Diritti Umani e della nostra Corte costituzionale che ha detto che il legislatore può scegliere come riconoscere le coppie dello stesso sesso, ma non gli ha lasciato la libertà di non farlo”.
Per questo, secondo Schillaci, “un’eventuale abrogazione o anche solo una modifica che la peggiori, finirebbero in breve tempo davanti alla Corte che ne riconoscerebbe l’incostituzionalità”. Il pericolo, però, esiste perché “in cinque anni in quel palazzo ho imparato che quello che al giurista sembra impossibile, in parlamento può diventarlo” ha aggiunto Lo Giudice.
Ecco il video completo dell’incontro, realizzato da Radio Radicale:
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