Pubblicato nel 1973, Paura di volare di Erica Jong rappresenta a tutto titolo un classico della letteratura contemporanea mondiale. Pubblicato in Italia da Bompiani nel 1975, è un vero e proprio bestseller che ha fatto la storia della prima ondata femminista. Nel suo romanzo, l’autrice narra la storia di una donna trentenne che dialoga continuamente con il suo corpo, e con la storia che il suo corpo sembra condurre per tutte le pagine del libro.
Dopo un primo matrimonio fallito e una serie di relazioni inconcludenti, la giovane protagonista viene messa a fuoco durante un convegno di psicologi, a cui partecipa insieme al nuovo marito. Ammaliata dalla presenza di un uomo affascinante, Isadora Zelda White Stollerman Wing – poetessa e donna di lettere – decide di seguire la pulsione che proviene dal contrasto con una vita abitudinaria, in cui il suo ruolo che ha perlopiù incentivato a creare e incentivare un’esistenza monotona e totalmente interiorizzata.
La sua paura di volare – non a caso il primo capitolo del romanzo narra del viaggio in aereo della protagonista completamente sopraffatta dal panico del volo – è, fuor di metafora, la paura di lasciarsi vivere senza dover necessariamente sottostare alle incombenze morale che la vorrebbero moglie e figlia perfetta.
Oltre alla dimensione erotica, magistralmente scritta senza pudore, è l’aspetto dei sentimenti che rende il romanzo una vera pietra miliare di un genere letterario universale: Jong racconta senza mezzi termini cosa significhi essere donna continuamente contrastata nella sua volontà, nel suo desiderio di realizzare la sua vera vocazione – quella della scrittura – e che impatto possa avere nella vita di un essere umano il sentirsi castrato nel desiderio di volersi unire nell’amplesso con corpi estranei al suo, nonostante i ruoli che le vengono imposti e di cui (per un breve lasso di tempo) riuscirà a disfarsi.
Una rivoluzione totale, un ribaltamento della paura in consapevolezza, nel coraggio scintillante di una donna che ha compreso quanto sia ingannevole e umiliante lasciare che gli altri decidano per lei.
«Mi sento in colpa per qualunque cosa. Non è necessario picchiare le donne se si riesce a farle sentire in colpa. […] Le donne sono le peggiori nemiche di se stesse. E i sensi di colpa sono il principale strumento della tortura che si autoinfliggono» (p. 183).
Tra la memoria di rapporti sessuali raccontati nel dettaglio e la dolcezza sincera di un’intimità donata al pubblico, Erica Jong regala alle generazioni future un’opera necessaria a comprendere come essere se stess* vada oltre la società e i suoi dogmi. Ciò che importa, forse, è che ogni essere umano comprenda di cosa ha paura e lo sappia vivere con coraggio.
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