Depositato, alla fine della scorsa settimana, il ricorso della Procura Generale della Repubblica contro la sentenza della Corte di Appello di Perugia che ha assolto Simone Pillon dalle accuse di diffamazione nei confronti dell’associazione Omphalos LGBTI. Dopo una condanna in primo grado, infatti, la Corte d’Appello aveva ribaltato il verdetto.
«Accogliamo con grande soddisfazione la notizia del ricorso della Procura della Repubblica» ha dichiarato il presidente Stefano Bucaioni «avevamo già commentato a suo tempo che la sentenza di Appello ci sembrava illogica e ingiusta e siamo felici che la Procura abbia sollevato gli stessi dubbi. Ora sarà la massima corte a doversi esprimere su quanto accaduto e confidiamo che venga pienamente ripristinata la condanna al Sen. Pillon, già inflitta in primo grado».
Bucaioni fa notare ancora: «Nessuno si può permettere di dire che Omphalos “adesca minorenni” o che “istiga ai rapporti omosessuali”, infangando e diffamando il lavoro trentennale di centinaia di volontari e attivisti che hanno sostenuto la lotta alle discriminazioni nella nostra regione.»
Per la Procura, apprendiamo dal comunicato stampa dell’associazione, è «sicuramente diffamatorio affermare, come ha fatto l’imputato, che il rappresentante di Omphalos ebbe a pronunciare parole che istigavano all’omosessualità» e ancora «non si può certo scriminare colui che mistifica i fatti per arrivare a descrivere Omphalos e coloro che ne fanno parte come adescatori di minorenni, istigatori ai rapporti omosessuali e negazionisti dell’eterosessualità».
«Come abbiamo più volte ricordato, anche in occasione delle recenti polemiche sul DDL Zan» dichiara ancora «nessuno nega al Sen. Pillon il diritto di esprimersi contro l’omosessualità, per quanto medievali e fuori dal tempo possano essere le sue esternazioni. Ciò che il Sen. Pillon, e chiunque altro, non può fare è sostenere tali opinioni diffamando le associazioni LGBTI e raccontando il falso. Questa non può essere considerata critica politica, altrimenti sarebbe tutto permesso. Attendiamo fiduciosi il responso della Corte di Cassazione, convinte che venga finalmente fatta giustizia.»
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