I gay non possono diventare preti perché “si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’Ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate”. Se pensate di leggere una sintesi delle posizioni dell’ultra conservatore Pio XIII, il protagonista della fortunata serie “The Young Pope”, vi sbagliate.
È quanto si legge nelle linee guida per l’ordinazione di nuovi sacerdoti pubblicata ieri dalla Congregazione per il clero. Nonostante la presunta apertura da parte di papa Francesco nei confronti delle persone LGBT, infatti, e nonostante frasi divenute celebri come il “chi sono io per giudicare”, nella vita della Chiesa non sembra esserci spazio per i gay, almeno non per quanto riguarda il sacramento del sacerdozio.
Nelle ottantotto pagine del “Il dono della vocazione presbiterale – Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis”, il Vaticano chiarisce una volta per tutte la sua posizione sulla questione dell’omosessualità. Se già durante l’ultimo Sinodo per la Famiglia era stato esplicitato che, per Sacra Romana Chiesa tutto ciò che non prevede un uomo e una donna non può essere considerato famiglia e che nessuna apertura può essere fatta nei confronti delle coppie omosessuali, questo nuovo documento pone l’accento sul divieto assoluto per i gay di accedere al sacerdozio.
A soli 46 anni dall’ultima edizione, la nuova Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis promette di essere uno strumento efficace e aggiornato per la «formazione integrale» del prete. «Un testo capace di unire in modo equilibrato la dimensione umana, quella spirituale, quella intellettuale e quella pastorale, attraverso un cammino pedagogico graduale e personalizzato» parola di Beniamino Stella, cardinale prefetto della Congregazione per il clero. E quindi al via con la “digitalizzazione” dei nuovi preti. A pagina 46 infatti si legge: “La Chiesa, in virtù del mandato ricevuto da Cristo, guarda con fiducia alle possibilità offerte dalla realtà digitale per l’evangelizzazione; si tratta di nuovi “luoghi”, in cui tante persone si muovono quotidianamente, ”periferie digitali” nelle quali non può mancare la proposta di un’autentica cultura dell’incontro, nel nome di Gesù, per costituire un solo Popolo di Dio”, ed entrando più nello specifico “i social network chiedono di essere inseriti (attraverso una gestione vigilante, ma anche serena e positiva) all’interno del quotidiano vivere nella comunità del Seminario”.
Una Chiesa che intende rinnovarsi, dunque, ma solo sul versante della comunicazione, non certo su quello dell’inclusione visto che a pagina 80 si invitano tutti i gay a lasciare il corso, perché “la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne”. “Non sono affatto da trascurare – continua il testo – le conseguenze negative che possono derivare dall’Ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate”. Quali conseguenze? Il testo non lo esplicita, ma il paragrafo successivo parla di “Protezione dei minori e accompagnamento delle vittime” e si accenna anche ad “abusi sessuali sui minori o sugli adulti vulnerabili”.
Poco più avanti, infine, si auspica “un dialogo con la Pontificia Commissione per la tutela dei minori, il cui compito specifico è proporre [al Santo Padre] le iniziative più opportune per la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili, sì da realizzare tutto quanto è possibile per assicurare che crimini come quelli accaduti non abbiano più a ripetersi nella Chiesa“. Una curiosa coincidenza, senza dubbio.
E se alla fine della serie TV firmata da Sorrentino e prodotta d Sky perfino Pio XIII sembra ricredersi sulla sua posizione sull’omosessualità scegliendo un segretario personale gay, sembra che dentro le mura vaticane, quelle vere, questa possibilità non ci sia affatto.