Portare in piscina il proprio figlio o la propria figlia è un inferno.
Se qualche mamma o qualche papà vi ha detto il contrario sta chiaramente mentendo, non fidatevi!
Io sapevo già cosa mi aspettava quando ho iscritto in piscina Luca perché mi ero imbattuto in questo pezzo qui e credetemi: quello che c’è scritto non è un qualcosa di romanzato, è tutto verissimo!
All’inizio mi ero anche illuso che nella piscina di Luca potesse essere diverso perché ci sono due spogliatoi, quello degli uomini e quello delle donne, e ogni bambino deve andare a cambiarsi e fare la doccia nello spogliatoio corrispondente al sesso dell’accompagnatore.
Pronto all’inferno
Ben presto ho capito che nessuna mamma aveva alcuna intenzione di rispettare questa regola: per cui nello spogliatoio delle donne ci sono solo le bimbe accompagnate dalle mamme, e basta (!!!), nello spogliatoio degli uomini invece oltre ai papà con i figli di qualunque sesso ci sono – cattive e agguerrite come non mai – anche le mamme dei bambini maschi, perfino quando i bambini hanno 8, 9, 10 anni e potrebbero tranquillamente fare da soli.
Io – avendo letto cosa mi aspettava – sapevo ogni cosa ed ero pronto all’inferno.
Ma per amore si è disposti ad affrontare qualunque pena. Dunque ho ingoiato il rospo e pazientemente ogni martedì ho accompagnato Luca in piscina, tanto più che ci siamo accorti negli anni del suo rapporto non sempre facilissimo con il nuoto e un po’ di paura dell’acqua.
Non voglio un figlio perfetto
Era andato tutto benissimo per settimane, quasi ero stupito, e poi d’improvviso un paio di settimane fa lui ha iniziato a inventare scuse per non andare in piscina. Fino alla volta in cui già pronto in costume e cuffietta ha avuto una crisi e non è proprio voluto entrare in acqua.
Ho provato a rassicurarlo e continuerò a farlo. E continuerò anche a proporgli di andare in piscina ma senza ossessionarlo o ancora peggio farlo sentire obbligato, o in difetto.
Voglio mettercela tutta per crescere un figlio sicuro di sé, ma voglio soprattutto che sia felice e che possa sentirsi libero di essere se stesso.
Non voglio un figlio perfetto.
Sembra una banalità, ma non lo è.
Liberi di essere imperfetti
Pochi giorni fa leggevo su Facebook un post di una mamma arcobaleno in cui mi sono riconosciuto completamente, che diceva così:
“Non sento il bisogno di crescere un figlio perfetto per dimostrare al mondo che bravo genitore possa essere una persona omosessuale.
Voglio crescere un figlio libero di essere ciò che è. Libero di andare male a scuola, fare sega, non imparare sette lingue, essere una pippa a calcio, scaccolarsi, farsi le canne, saper suonare solo i citofoni, essere incazzato con me a 15 anni, dirmi bugie, soffrire.
Senza essere costretto a dimostrare al mondo quanto siano bravi e perfetti i suoi genitori omosessuali.
La retorica della famiglia perfetta coi figli perfetti può essere peggiore dell’omofobia. E non credo faccia bene ai nostri figli e figlie.
Lasciamoli liberi e libere, anche di essere imperfetti/e”.
Come ho raccontato altrove ho già vissuto sulla mia pelle cosa voglia dire crescere con l’ansia di essere un figlio perfetto ed è per questo che rivendico il mio non voler essere un genitore perfetto, per nessuna ragione al mondo.
E con ancora più forza rivendico che Alice e Luca abbiano la libertà di essere dei figli imperfetti.
O magari di essere straordinariamente perfetti, purché qualunque cosa siano o saranno, significhi semplicemente essere felici, liberi e pienamente sé stessi!