Ho assistito sui socials – rimanendo piuttosto sconcertato – a delle vere e proprie risse con assurdi attacchi personali da parte dei sostenitori del SI o del NO per il prossimo referendum elettorale, molti anche all’interno della nostra (purtroppo) sempre frammentata comunità lgbt.
Va bene, lo dirò subito perché non mi piace prendere in giro gli altri: il titolo del mio articolo è solo uno specchietto per le allodole, e in fondo anche un modo per verificare quanti prima di commentare, se non anche criticare, si prendono la briga di leggere l’articolo senza fermarsi al titolo e al sottotitolo.
Non vi parlerò del referendum sulla riforma costituzionale: intanto perché non lo trovo un argomento avvincente, e poi perché ad oggi non mi sono ancora fatto un’idea su quello che sarà il mio voto e sto cercando di studiare i pro e i contro di questa riforma, soppesandoli lontano da qualunque tifoseria.
Una cosa però la voglio dire: il mio essere omosessuale non è il fattore in base a cui deciderò il mio voto (e tralascio chi per dire questo ha usato espressioni volgari e dal non troppo velato accento omofobo – magari inconsapevolmente – associando il culo all’orientamento sessuale) ma certamente non è pensabile che il mio essere omosessuale, e parte di una comunità, non incida sul mio voto, perché è una parte di me – anche importante – come l’essere un avvocato o un padre.
Non c’è poi da stupirsi che questo, che sarebbe dovuto essere un appuntamento importante sui contenuti, si sia trasformato in un referendum pro o contro il premier per una deriva personalistica voluta dallo stesso, e che dunque la simpatia o l’antipatia per il capo del governo non condizioneranno – anche involontariamente – le scelte di molti.
Oggi, dopo questa doverosa (e mi rendo conto prolissa) spiegazione iniziale, voglio parlarvi invece di un importante appuntamento elettorale: quello che si apprestano a vivere gli americani che fra pochi giorni eleggeranno l’uomo (o forse – più probabilmente secondo gli ultimi sondaggi – per la prima volta la donna) più potente del mondo: il/la Presidente degli Stati Uniti.
In questi giorni, incuriosito da questa grande macchina da guerra che sono le elezioni americane, e dai bei match in tv fra Hillary Clinton e Donald Trump, ho deciso di chiedere un po’ di informazioni ai tanti amici e alle tante amiche cittadini americani che vivono negli States cosa pensano delle elezioni e di documentarmi un po’…
Vi sembrerà incredibile ma – a differenza di quello che può sembrare dai media – in realtà gli americani sono mediamente poco interessati alle elezioni americane.
In questo momento sono tutti molto più concentrati sulla prossima festività di Halloween e sulle zucche, le streghe e il “trick or treat” (dolcetto o scherzetto) che sul loro futuro presidente.
Non è un caso che alle ultime elezioni (e così anche nelle precedenti) ha votato solo poco più del 50% degli aventi diritto.
E i motivi sono molteplici: ai detenuti, nella maggior parte degli stati, viene negato il voto; in tantissimi stati bisogna fornire specifici moduli di identità che richiedono giornate lavorative andate in fumo per ottenerli e spesso addirittura costi amministrativi. Infine va ricordato che l’Election Day è un giorno feriale lavorativo (il prossimo sarà martedì 8 novembre) e che dunque per andare a votare bisogna rinunciare a lavorare delle ore e dunque anche a parte dello stipendio della giornata.
Capite dunque che queste enormi difficoltà fin qui dette rendono più difficile votare ad una grossa fetta di persone non benestanti, spesso neri o ispanici.
In questa tornata elettorale, peraltro, l’interesse a votare di alcuni gruppi è certamente molto inferiore che per le precedenti tornate elettorali in cui ispanici, e soprattutto neri, andarono a votare in massa Obama.
Hillary Clinton ha molti sostenitori soprattutto nella comunità ispanica, è vero, e lo spauracchio di Trump come presidente (viste le sue frequenti esternazioni razziste, omofobe e sessiste) magari spingerà molti ad andare a votare, ma comunque certamente non muoverà le masse come fu per Obama.
Probabilmente se al posto di Clinton ci fosse stato Sanders le cose sarebbero state diverse.
A sentire molti amici e amiche americani, infatti, Hillary Clinton e Donald Trump sembrano essere semplicemente due volti della stessa America, quella dei bianchi ricchi amici delle banche di New York e dei poteri forti, senza troppe differenze e – qualunque sarà la loro scelta fra uno dei due – molti voteranno semplicemente quello che ritengono il “meno peggio” turandosi il naso.
Anche io, personalmente, non riesco nonostante tutto ad essere un grande fan di Hillary Clinton, perché è evidente che non rappresenta il nuovo ma sembra quasi – dopo Obama – un passo indietro.
Eppure se fossi cittadino americano e potessi votarla lo farei ad occhi chiusi, per almeno due ragioni che vi elenco e che riguardano anche il mio essere femminista ed essere parte della comunità lgbt (e qui dunque torniamo all’inizio del mio racconto).
1. Forse altre donne, più che Hillary, avrebbero meglio incarnato un rinnovamento e un segno di discontinuità col passato e l’affermazione dei diritti delle donne.
Ma in questo momento Hillary è come la testa d’ariete per fare cadere un tabù che dura da oltre due secoli persino nella super liberale America: una donna al comando della nazione più potente al mondo. Il mio voto dunque a lei perché la sua elezioni segni un cambiamento forte per l’affermazione delle donne, non solo negli Stati Uniti, ma anche nel resto del mondo.
Dall’altra parte poi abbiamo Trump che non solo non è femminista ma è addirittura la nemesi del femminismo e con le sue frasi volgari e sessiste sembra quasi (ahinoi) uno spot vivente per il femminicidio.
2. A parte rarissime eccezioni (ma davvero rare, che forse si contano sulle dita di una mano) la comunità lgbt americana si è schierata con Hillary Clinton.
Io credo che non poteva essere altrimenti, e non stupisce dunque che perfino un telefilm cult come Will & Grace sia riemerso con una reunion speciale pro Hillary!
Clinton si è sempre battuta a favore dei diritti delle persone omosessuali (però non dimentichiamo che fino a pochi anni fa non era un’aperta sostenitrice dei matrimoni omosessuali) ed ha fatto anche una campagna molto mirata in tal senso.
Dall’altro lato, poi, abbiamo Trump con posizioni apertamente omofobe, spesso lontane pure dal suo partito che è si di destra, ma comunque liberale.
E la paura della comunità lgbt non è solo legata all’eventuale clima anti-gay (e anti-donne e anti-abortista etc…) che si verrebbe a creare, ma è anche una preoccupazione pratica: il presidente degli Usa, infatti, elegge i giudici costituzionali, ovvero quelli della Corte Suprema che ha esteso il matrimonio anche alle persone omosessuali e che, in una diversa composizione, potrebbe revocarlo.
Dunque forza Hillary e (anche se sono ateo) “God bless America”!