Un dossier sugli incontri con giovani gay organizzati da un prete del napoletano, scuote la curia partenopea. A dare la notizia è oggi il quotidiano Il Mattino di Napoli che raccoglie in una lunga intervista a Paolo, 28 anni, il racconto di quegli incontri. Paolo ha conosciuto il prete in questione su Facebook e dalle chat private è stato subito chiaro che il prelato voleva andare oltre le semplici chiacchiere. Hanno cominciato a incontrarsi, a casa del prete.
Le chiacchiere su Facebook e poi gli incontri
“Quel prete l’ho conosciuto in un periodo molto difficile della mia vita, avevo un sacco di problemi anche in famiglia – racconta Paolo al Mattino -: all’inizio era quasi un sollievo parlare con lui. Gentile, affettuoso, bravissima persona, le sue parole mi rassicuravano, poi andava come andava… Adesso non è che voglio difendere nessuno, però c’è ben poco da meravigliarsi: sono tanti i preti, e ben più importanti di lui, che vanno con i ragazzi, un giro esagerato che manco ve lo potete immaginare“. Niente di nuovo, in realtà, per chi segue le cronache e ricorda, ad esempio, l’inchiesta di Panorama di qualche anno fa.
Paolo racconta di “Reverendis”, la già più che nota chat in cui si possono incontrare preti che vogliono fare sesso con ragazzi.
“Mi pagava la benzina”
Gli incontri con il prelato sono andati avanti per un po’. L’uomo dava dei soldi a Paolo. “Diciamo che mi pagava la benzina – racconta il giovane -. Mi regalava venti, trenta euro ogni volta che ci vedevamo. Non gli ho mai chiesto niente, insisteva sempre lui per darmeli i soldi, alla fine me li prendevo. Che dovevo fare”? Poi Paolo ha deciso che voleva mettere fine agli incontri, anche se il prete non l’ha presa bene.
Paolo non era l’unico ragazzo che frequentava quella casa e a raccontarlo è lui stesso, “ma quando e come si incontrassero non ne ho proprio idea”, precisa.
Le chat sul tavolo del Cardinale Sepe
Tutto comincia, secondo il dossier consegnato al Cardinale Sepe, nell’Abbazia di Santa Maria degli Angeli, a Pizzofalcone. Qualcuno è riuscito ad avere le chat che il prete intratteneva con i ragazzi dalle quali si evincerebbe che l’uomo incontrava giovani a pagamento e che c’erano anche altri preti coinvolti negli incontri. Il parroco di Santa Maria degli Angeli, naturalmente, dichiara di non saperne niente.
Una storia come tante, inutile negarlo. Le cronache ci restituiscono vicende simili ormai da tempo. E, fuor di moralismi, negare la sessualità degli uomini e delle donne di chiesa è un esercizio inutile quanto dannoso. Ma soprattutto, un esercizio che ha il sapore dell’ipocrisia. L’ipocrisia di un’istituzione che continua a voler chiudere gli occhi davanti a quanto di più naturale possa esistere, la sessualità delle persone che la compongono appunto, e che al contempo discrimina chi quella sessualità la vive con trasparenza e sincerità fuori dalle sue mura.