Eppure l’omofobia interiorizzata ve l’avevamo già spiegata: perché di questo si tratta, se pensi che il pride sia un orrido carnevale. Giusto per toglierci il sassolino dalla scarpa e chiamare le cose con il loro nome. Sì, perché abbiamo pubblicato pochi giorni fa la vignetta di Walter Gropius sulla solita tiritera moralistica riguardo le marce dell’orgoglio – con la sequela di “no al circo”, “non si manifesta col culo in bella mostra”, ecc – e, puntuale come un “blocca profilo” sul Twitter di Gasparri, sui social arrivano le reprimende dei soliti gay perbenisti. No, ragazzi. Non ci siamo. E vi spiego perché.
Se non ci fossero state le “carnevalate”, come le chiamate voi – o il circo, se preferite – oggi non potreste esibire, fieri e orgogliosi, bicipiti e pettorali sui social network, mezzi nudi a gennaio magari. Gli stessi dai quali proferite le vostre verità contro chi, in piazza, ci scende per quello che è: con i lustrini, con la sesta di reggiseno (e in borsa i preservativi per taglie forti), con la foglia di fico sul pacco o completamente ricoperto d’argento. Perché a un certo punto della storia, chi da sempre è stato messo ai margini per ciò che era si è detto: “fanculo, io esisto per ciò che sono”. Si chiama autodeterminazione.
A Stonewall, da cui tutto è cominciato, si prendevano a manganellate quelle trans che avevano addosso più di tre capi femminili. Fino a quando una di loro – Sylvia Rivera, santa subito e per sempre, aggiungo io – si è scocciata di essere trattata da scarto dalla norma e, di conseguenza, da rifiuto umano. Un sottoposto che parla, ricordiamolo, non è più tale. E il linguaggio non è soltanto atto verbale. Le immagini parlano, urlano. Il nostro corpo anche. Per cui, ribadiamolo, se oggi potete dire che vi piace il pacco del tipo comodamente seduto di fronte a voi in metro, magari fotografandolo pure e dandogli gloria eterna pubblicandone l’immagine su Facebook – ah, a proposito: sarebbe reato – è grazie a chi, anni addietro, ha fatto “circo”.
Ciò non significa, ovviamente, dover riprodurre o essere acriticamente d’accordo con un certo tipo di manifestazione del sé. Perché poi entrano in gioco altri fattori, quali l’opportunità del gesto, il cattivo gusto, il successo comunicativo e mille altre varianti. Ma una cosa dovrebbe essere chiara: il rispetto per l’altro/a. E quando giudicate per l’eccesso di “colore” chi manifesta ai pride, attaccate il diritto di quell’individuo di esistere per ciò che è. E il pride è il momento dell’anno in cui ognuno è come è. Stonewall ci dovrebbe aver insegnato questo. E non, invece, che esistono gay di serie A e gay di serie B.
Qualcuno dirà: gli etero non capirebbero, non ha senso scandalizzarli. Ebbene, mi pare che in millenni di storia dell’umanità la maggioranza eterosessuale è sempre stata scandalizzata e non mi pare che nella Londra medievale o nella Firenze del Rinascimento si andasse in giro coi carri a far baldoria, capeggiati da orde di Vladimir Luxuria ante litteram. Le cose, a ben vedere, sono cambiate quando l’amore che non osava dire il suo nome lo ha detto a chiare lettere e, soprattutto, lo ha manifestato. Anche con l’eccesso. Non è compiacendo chi vi vede come un errore che guadagnate il diritto alla dignità. Men che mai facendo gli stessi discorsi. Se avete visto film come Milk o Pride avete già capito di cosa sto parlando.
Altri sostengono: non è così che si ottengono diritti. E per costoro, anzi, l’esibizionismo (cit.) ritarderebbe la strada del raggiungimento degli stessi. Basta vedere, a tal punto, i pride di Madrid, Parigi, New York ed altre capitali dell’occidente per capire che non è affatto così: roba che i nostri, in confronti, sono rendez vous per educande cattoliche. Oltre al fatto che, voi che peccate di hybris, avventurandovi in tali deterministiche affermazioni, dovreste dimostrare qual è la relazione per cui se io domani vado in corteo in giacca e cravatta poi Alfano cambia idea e vota sì per il matrimonio.
Insomma, ci troviamo di fronte a due modi di pensare. Il primo: esiste una sola “norma” e ciò che non obbedisce ad essa va represso, evitato, possibilmente vietato. E il secondo: esistono tutte le diversità e vanno rispettate, anche se non ci piacciono. Poi ognuno ha la sua identità e bisogna costruire un mondo in cui coabitare in modo pacifico, nel rispetto reciproco. Il pride veicola il secondo messaggio. Il primo è più roba da family day. Chi di voi ha paura della carnevalata o non sopporta il circo, forse dovrebbe interrogarsi su quale manifestazione appoggiare da ora in poi.
I manifestanti di Stonewall erano militanti all’avanguardia del pensiero e delle correnti sociali. Vogliamo seriamente paragonarli
ai carri con la musica di Raffaella Carrà dei Pride italiani ai giorni nostri? Oramai occasioni per festeggiare la propria ignoranza più che per combattere per radicali cambiamenti sociali.
I carnevali contemporanei sono tutt’altro che la continuazione del pensiero queer, marxista, anticapitalista, antimperialista delle prime manifestazioni di controcultura omosessuale. Se i pionieri di allora, tra cui Mario Mieli, vedessero gli obbiettivi e le conquiste tanto care ai gay contemporanei sbiancherebbero dall’orrore. La cultura gay è stata completamente inglobata dalla cultura mainstream, ed è per quello che manifestazione variopinta è completamente vuota, non è più di rottura, non è più queer, transgender, punk o freak…ma semplicemente, per l’appunto, un “carnevale” con delle basi di Madonna.
Va aggiunto che le azioni politiche oramai si svolgono tramite l’informazione online, la stampa, i mass media, il consenso, la legge, il lobbying… insomma, i tempi sono cambiati. E sarebbe bene dire la verità a chi volesse portare avanti una particolare agenda politica queer/transgender e cioè che il modo migliore non è manifestando per strada ballando la samba. Perlomeno non nel 2016.
Sì che esistono gay di serie A e serie B.
Esistono gay che hanno accettato è compreso come la propria sessualità sia una sfaccettatura infinitesimale dell’essere umano e prima di essere omosessuali sono (senza un ordine ben preciso) esseri umani, maschio/femmina, studenti, lavoratori, pensionati, con degli hobby, una cultura, variegati interessi; ci sono altri che hanno trasformato la propria omosessualità una ossessione, una fissazione senza la quale non saprebbero a cosa aggrapparsi per riempire la propria vita.
Sono d’accordo per la maggior parte dell’articolo ma a me questa cosa del pride idealizzato mi ha un po’ iniziato a rompere: rispetto ai moti di Stonewall e alla loro importanza politica e sociale i pride (anche se credo sia una cosa squisitamente italiana) sono un ricettacolo di pochezza mascherata da manifestazione per diritti dei quali ai partecipanti non potrebbe fregare meno; io i pride li ho visti, ci sono stato sotto al palco quando Lady Gaga cantava, e avevo a fianco almeno una decina di persone che se ne sbattevano altamente delle rivendicazioni sociali, erano venuti “solo per il concerto”, fra una chattata di grindr e una foto del cazzo. La tristissima verità (almeno in Italia) è che la percentuale maggiore della fauna del pride sia costituita da persone con una povertà intellettuale e morale abissale: c’è gente che ha bisogno di sentirsi orgogliosa di essere gay perché è l’unica cosa che permette di uscire dall’anonimato più totale, da una vita di profonda ignoranza e di spiccato disimpegno sociale.
Magari sono toni da omofobo interiorizzato, ma non mi ci sento né mi ci vedo. Sono stufo di certi cliché, quello sì.
Posso riassumere tutta la mia contrarietà, citando una frase dell’ articolo.
“Anche con l’ eccesso”.
Eh no. Proprio no.
Che tu sia etero o omosessuale, perché eccedere? (E io eccedo, rispetto al normale, ma rimango comunque borderline, intendiamoci… con tutti i miei pro e contro, di cui sono consapevole e responsabile!)
Esiste sempre la mezza misura.
Ed è più probabile che un politico serio (che, ahimé, se ne trovano pochi, da noi) dia ascolto ad un esponente vestito in maniera più sobria (jeans e polo? Giacca e cravatta?)… rispetto ad uno vestito da (e qui scusate, ma il termine mi piace proprio) “pappagallo brasiliano in sfilata al carnevale di Rio”…
Che poi, capisco il gesto di protesta ai pride… anche che ognuno è esuberante a modo suo… ma dovete mettervi in testa quale è il fine: ottenere gli stessi diritti. E per fare una cosa del genere non ci sono scuse.. c’è bisogno di serietà e convinzione in quello che si crede… e di sobrietà! Avete davanti delle persone stupide e cocciute… le provocazioni non portano a nulla!(diamine, ma fatevi furbi!)
Detto ciò, io faccio il tifo per voi…
Purché sia l’Amore a vincere su tutto, non il bisogno di attenzioni di taluni.
P.S. ad esempio… sfilata studentesca PACIFICA, mirata ad arrivare ai primi assessori regionali disponibili per discutere su svariate questioni scolastiche (fondi stidenteschi… Ristrutturazione scuole etc)… ROVINATE dai soliti quattro esemplari che hanno dovuto “eccedere” iniziando a tirare bombe carta e a fare “bordello, zio”.. con il risultato che gli studenti passano per “scansafatiche delinquenti etcetc”.