#quellavoltache: a 14 anni l’amico di papà mi bloccò sul marmo e non lo dissi a nessuno

Continua la campagna #quellavoltache, per abbattere il muro dell’indifferenza e delle offese e gli insulti che arrivano alle vittime di una violenza quando denunciano. Che poi, è proprio una delle ragioni per cui non denunciano. Dopo il racconto di Marta, che abbiamo pubblicato ieri, oggi ospitiamo la storia di un’altra lettrice che si è fidata di noi e ci ha mandato la sua storia in una email. Ecco il racconto di FrancescaB.

Sono stata violentata a 14 anni

Le mie volte sono state tante. Così tante che alla fine il mio cuore si è indurito ed oggi nessuno osa più avvicinarsi senza che sia io a dare il consenso. Ho 31 anni. #quellavoltache sono stata violentata a 14 anni dall’amico di mio padre mi sono sentita colpevole. Era giugno, era finita la scuola, i miei erano al lavoro e lui passò per casa per lasciare delle uova che sua moglie mandava abitualmente alla mia mamma. Altre volte avevo sentito i suoi occhi addosso, non mi piaceva, non ero tranquilla quando con i miei genitori ci recavamo da lui e io rimanevo a dormire con sua figlia di due anni più grande di me. Ho aperto la porta, avevo dimenticato la paura che incuteva. Quando ha capito che ero sola è stato un attimo bloccarmi sopra il tavolo di marmo.

Il sangue, la puzza di vino e l’acqua della doccia

Non ricordo nulla se non sangue, puzza del vino rosso che si è bevuto appena finito e l’acqua della doccia sulla mia pelle mentre piangevo. Mi ha lasciato 20 Mila lire. Come fossi stata una puttana. Non ho mai avuto il coraggio di dirlo a mio padre. Da quel giorno mi sono solo rifiutata categoricamente di andare da quella famiglia. Avrei voluto parlarne con sua figlia, ma non ho avuto il coraggio. A 14 anni ne dimostravo 18. Avevo un seno grande, ero ben formata. Bastava un po’ di matita nera, la sola che mi era permessa in quel momento che in tanti si arrogavano il diritto di guardarmi con occhi diversi e fare battute.

Ho sbagliato a non parlarne

Non ho più rivisto nessuno da quel giorno. Mio padre ha chiuso i contatti improvvisamente senza dare spiegazione né a me né a mia madre pochi mesi dopo. Solo qualche anno fa ne ho parlato con uno psicologo. E ho parlato delle altre violenze subite negli anni seguenti. Ho sbagliato a non parlarne e a non denunciare.
Sbaglio anche a oggi a voler rimanere nell’anonimato. Ne sono consapevole, ma ho seppellito certi ricordi. Alle donne, agli uomini, agli anziani e ai bambini grido in faccia di denunciare. Nessuno ha il diritto di togliervi la libertà.

FrancescaB

Per raccontarci le vostre storie e aderire alla campagna #quellavoltache, scriveteci un messaggio privato su Facebook o al nostro indirizzo di posta elettronica

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