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“Raggi bambolina”: l’ultimo atto della misoginia in politica

Sulla querelle di “Raggi bambolina”: la misoginia in politica non è certo una novità. Ombra di un maschilismo strisciante, fa spesso capolino nei discorsi di questo o quel rappresentante fino a diventare moneta di scambio dell’argomentazione contro l’avversaria. Fenomeno subculturale talmente radicato nella nostra società da essere invisibile, a tal punto che chi se ne macchia poi si stupisce delle accuse di maschilismo, di discorsi d’odio nei confronti delle donne, ecc.

Rosy Bindi

Ricordiamo tutti/e il “più bella che intelligente” che l’allora potentissimo Silvio Berlusconi indirizzava alla persona di Rosy Bindi. La quale può (e deve) essere criticata per molte cose: per il fatto di essere una rappresentante di quella vecchia guardia al potere da anni senza aver fatto nulla di tangibile per cambiare significativamente questo paese, ad esempio. O per la sua avversione all’uguaglianza delle coppie omosessuali (ricordiamo gli orridi DiCo). Addirittura le si potrebbe contestare il suo essere “cattolica e di sinistra”, mettendone in luce aporie e contraddizioni. Al contrario, si gioca sull’aspetto fisico. Nella narrazione del Cavaliere non è bella, come se fosse una colpa. E invece di “bella e scema” – endiadi tipica di certa rappresentazione del mondo femminile – è brutta in misura proporzionalmente contraria alle sue qualità intellettive. Roba, appunto, del berlusconismo dei tempi d’oro. E bui.

Guido Bertolaso con Giorgia Meloni

Un altro esempio di come il potere maschile liquida la donna a parte del corpo, al suo valore estetico o, peggio, a funzione eminentemente procreativa ce lo ha dato di recente Bertolaso, quando commentò la candidatura di Giorgia Meloni per il Campidoglio ricordandole che era incinta e del pancione doveva prendersi cura prima per poi fare ciò che, nel suo universo mentale, una donna è destinata ad essere: madre. Manco fosse, il candidato berlusconiano, una Costanza Miriano qualsiasi. E non glielo perdonerò, tutto questo. Non solo per l’idiozia intrinseca dell’affermazione, ma per avere costretto me e altri/e militanti a difendere chi usa linguaggi e immagini verbalmente violente contro la nostra comunità.

Per par condicio, quindi, dopo un’esponente del Pd e una della destra, adesso tocca a Virginia Raggi, neosindaca di Roma, presa di mira da Vincenzo De Luca in direzione nazionale del Pd, ieri a Roma. Invito a vedere il video, per chi ancora non l’avesse fatto, per notare quanto segue:

Vincenzo De Luca, durante il suo discorso alla direzione del Pd

1. il movimento della mano, in primis, sineddoche gestuale dello spessore politico del personaggio (ovvero: il ragionamento è demandato all’atto, il pensiero astratto sacrificato alla mimica, il pensiero al corpo

2. il tentativo maldestro di fare “la battuta”, la cui vis comica e lo spessore intellettuale che la animano stanno parecchio al di sotto del livello “Natale ovunque”, a dicembre nei cinema (Totò è un’altra cosa, conveniamo?)

3. lo sguardo divertito di Orfini (che si fosse in lui, chiunque andrebbe a nascondersi per sempre negli anfratti più reconditi dell’armadio di Narnia o di una grotta qualsiasi a Mordor)

4. le risatine sullo sfondo da parte di certa dirigenza del Pd (che, oltre certi commenti poco edificanti e tristemente noti sulla gay community,  grazie a queste peripezie rischia di squalificarsi in parte anche su questo versante fatti salvi i distinguo di molti/e altri/e esponenti, da Boschi a Cuperlo).

Virginia Raggi

Concludo con una considerazione e una citazione. La prima: De Luca, se vogliamo, è una creatura di Renzi. Il quale però ha almeno l’ardire di prendere le distanze (insieme ad altri ed altre del suo partito). Il che gli fa onore, ma non nasconde il regresso culturale in cui versa un ampio settore del Pd. Ricordiamo, inoltre, che con Alfano il premier non ha fatto altrettanto quando insultò i papà gay e le mamme lesbiche all’indomani delle unioni civili. Sempre per capire il contesto socio-culturale del maggior partito attualmente presente nello scacchiere italiano. Ed è una.

La citazione, poi. Scrive sul suo profilo Facebook Alessandro Gilioli, dell’Espresso: «Dopo il “ciaone” di Carbone, il “chi vota No lo fa perché mi odia” di Renzi e il “bambolina” di De Luca, direi che la tracimazione del berlusconismo cognitivo ai suoi ex avversari si può dire completata. Ah, non vale solo per il Pd, lo dico a quelli che stanno nel M5S». E qui non possiamo non pensare al “vecchia puttana” che Grillo indirizzò a Rita Levi Montalici o alle parole di certo poco lusinghiere dell’onorevole De Rosa alle colleghe dem in Commissione Giustizia alla Camera. E continua, Gilioli: «Sì, ci cadete spesso anche voi – meglio: alcuni di voi, come non tutti quelli del Pd. […] La battaglia di tutti oggi dovrebbe essere liberarsi da vent’anni di berlusconismo cognitivo. Anche se mi rendo che chi è cresciuto non ascoltando altro fa più fatica. Il che, tra l’altro, rende ancora più colpevole De Luca, che invece ha quasi 70 anni, quindi non dispone nemmeno di quell’alibi. Così come non ne dispongono i molti cinquantenni in platea che ascoltando quella frase hanno fatto i risolini». E credo che su questa vicenda si sia detto davvero tutto.

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