Sottoponeva il figlio della compagna 15enne ad ogni tipo di vessazione. Assolto in primo grado, un 45enne di Ravenna è stato invece condannato in Cassazione a cui la ex moglie e la vittima si erano rivolti con un ricorso per saltum.
Il processo ha fatto emergere i dettagli più scabrosi della vicenda: il patrigno gli metteva la testa nel water e tirava l’acqua, gli dava del ritardato mentale, gli infilava in bocca i suoi calzini sporchi, gli leccava la faccia, lo colpiva sul sedere con un cucchiaio, lo fotografava mentre si trovava in bagno nudo e mostrava quegli scatti ad amici di famiglia e amichetti, davanti ai quali lo umiliava additandolo come gay.
Un quadro degradato che però non bastò a condannarlo nel primo grado di giudizio “perché il fatto non sussiste”: pur riconoscendo l’effettiva esistenza di quelle condotte, secondo il tribunale, esse non avevano carattere di un maltrattamento penalmente rilevante. “Situazioni di vita in parte ordinarie, in parte poco urbane, in altra parte frutto di sottocultura e maleducazione”, scriveva il giudice nell’aprile 2016, ma “non idonee a costituire reato”.
La sentenza è stata quindi impugnata direttamente in Cassazione che, di tutt’altro avviso, ha ravvisato “condotte sicuramente maltrattanti, caratterizzate da disprezzo nei confronti della personalità morale e della dignità del minore, e da minute ma reali violenze fisiche e morali”. La suprema corte ha rinviato il giudizio alla Corte d’Appello di Bologna che ha condannato l’uomo a un anno e quattro mesi di reclusione oltre al pagamento di un risarcimento di 10mila euro alla vittima.
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