Martedì mattina, sei in pausa caffè tra una lezione e l’altra. Vai su internet, guardi i giornali on line. Ti ostini ancora a leggere Repubblica che per personali questioni politiche trovi irritante, quando va male. Se va bene, invece, è per lo più imbarazzante ai tuoi occhi. Ma non è di questo che voglio parlare. Perché infatti, a un certo punto, la tua attenzione viene attirata da un titolo: «“Ecco i 200 preti pedofili d’Italia”, lo scandalo che imbarazza la Curia». E fai l’errore di cliccarci sopra.
Il caso di Oppido Mamertina e la “pedofilia”
L’articolo parla degli abusi che diversi preti, in diversi anni, hanno perpetrato a danno di minori. Quindi ti imbatti in questa frase: «In Calabria, vicino a Reggio, c’è don Antonello Tropea, già padre spirituale del seminario di Oppido Mamertina, che nel marzo 2015 viene trovato dalla polizia in un’auto con un diciassettenne conosciuto grazie alla app Grindr usata per incontri gay». Ed è proprio questo il momento in cui ti guardi intorno e cerchi un angolo. Appuntito. Per dargli una testata, che tanto soffriresti di meno.
La confusione tra abusi sessuali e atti pedofili
L’articolo in questione, infatti, denuncia almeno due criticità. Il primo, su cui dovremmo interrogarci a lungo, è quello della connivenza tra chiesa e abusi su minori. L’altro è la totale insipienza da parte di Repubblica nel trattare argomenti così delicati. Per le seguenti ragioni:
1. se vai con un diciassettenne non sei pedofilo, perché il soggetto in questione è sessualmente maturo
2. l’età del consenso nel nostro paese varia dai quattordici ai sedici anni (e se avete dei dubbi, potete leggere la guida di Gaylex in merito)
2. se vai con un diciassettenne a pagamento è prostituzione minorile e non c’entra nulla con la pedofilia. Mettere insieme le due cose è fuorviante.
L’omosessualità narrata come aspetto deviante
Questo articolo, insomma, ci pone di fronte a due grossi problemi della nostra comunità in senso ampio: quello di una chiesa cattolica che finge di non vedere cosa accade al suo interno e quello di una stampa che non sa scrivere. E che veicola, ancora una volta – e forse in modo inconscio, ma non meno colpevole – il luogo comune per cui tra omosessualità e pedofilia ci siano dei punti di contatto. Mettendo in un unico calderone orientamenti sessuali, abusi ed età delle vittime. Che pena, in entrambi i casi. Converrete.