Arriva la risposta di Spadafora, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, al comunicato delle associazioni. Il rappresentante grillino si dichiara «solo in parte stupito» del documento, ricordando che al tavolo da lui convocato «hanno aderito ben 91 Associazioni dimostrando interesse ad avviare una interlocuzione su cose concrete che toccano migliaia di persone ogni giorno». Riguardo i contenuti del documento i toni sembrano duri e sprezzanti: «Temo che alcune Associazioni preferiscano strumentalizzare la funzione del Tavolo per possibili altri fini; se così fosse, sarei io ad auspicare che queste Associazioni non partecipino al Tavolo».
Un sottosegretario consapevole delle difficoltà
Spadafora rivendica la bontà delle sue intenzioni, «pur consapevole delle differenti sensibilità che su questi temi esistono all’interno del Governo» e ricorda di aver «ascoltato con attenzione le indicazioni e i contributi di tutti, condividendo le esigenze e le testimonianze di chi ogni giorno vive sulla propria pelle mille difficoltà» e di aver «proposto le prime azioni concrete e individuato risorse certe per realizzarle» mostrandosi disponibile al dialogo con tutte le realtà Lgbt.
L’iniziativa con importanti realtà Lgbt
Il sottosegretario si dice disponibile ad ascoltare e accogliere le critiche e condivide «alcune preoccupazioni contenute nel comunicato delle associazioni; preoccupazioni che non solo ho fatto mie durante la recente riunione ma che ho confermato prendendo anche posizioni pubbliche chiare, nonché partecipando a due iniziative su invito di Associazioni importanti del mondo LGBT» . Eppure, accusa di ricerca di visibilità «alcune sigle, peraltro in contrasto tra loro (come è emerso chiaramente anche durante i lavori del Tavolo)».
L’impossibilità di essere autorevole e credibile
Non entra, invece, nel merito delle questioni sollevate dalle associazioni, tutte di natura politica. Anche se è del tutto comprensibile che Spadafora, appartenendo ad un partito letteralmente succube del suo alleato, non abbia alcuna autorità politica — e, di conseguenza, alcuna credibilità — per garantire un sostanziale cambio di rotta del suo governo su questioni fondamentali: dal rispetto dei diritti umani alla tutela delle diversità. In questo quadro le azioni fatte insieme solo a quelle realtà Lgbt che pare non abbiano critiche da fare a questo governo, più che rappresentare una garanzia non sembrano andare molto più in là di una mera operazione di pink washing.
Un triste déjà vu
Insomma, non che stupisca la reazione, anche abbastanza piccata, del sottosegretario. Appare come triste e noioso déjà vu che la nostra comunità ha già vissuto con altri sottosegretari gay. Quelli che dimostravano di mal tollerare critiche e prese di posizione, attaccando le realtà che le ponevano sul piatto della discussione politica. Per uno che appartiene ad un governo che millanta ogni cambiamento possibile, è una reazione abbastanza deludente. Per non dire scopiazzata e, quindi, poco originale.