Continua l’assurda crociata contro il cosiddetto gender, da parte della Lega. È successo a Rivoli, in provincia di Torino, dove il consiglio comunale ha presentato una mozione per vigilare sull’insegnamento nelle scuole elementari. Il provvedimento, apprendiamo, è contro l’«educazione gender che in alcune scuole italiane si è insinuata nei programmi didattici». Per tale ragione, l’amministrazione chiede di vigilare su programmi scolastici e attività in aula.
«Questa giunta» riporta ancora la mozione «ritiene inaccettabili i principi sostenuti dalla cultura gender». Per tale motivo, sia dirigenti sia insegnanti dovranno condividere «qualsiasi insegnamento riguardante l’educazione sessuale» con le famiglie «attraverso una preventiva e dettagliata relazione scritta sugli argomenti che si intendono trattare con gli alunni». Un principio che viola, di fatto, non solo la libertà di insegnamento, ma anche la stessa autonomia scolastica. Si apre, infatti, un pericoloso precedente. Quello di una cultura politica censoria e autoritaria, che ricorda le peggiori democrature europee, come Ungheria e Polonia.
La mozione mette nel mirino, dunque, i provvedimenti contro il bullismo, contro le discriminazioni, per l’educazione di genere e – più genericamente – per l’educazione al rispetto di tutte le diversità. Provvedimenti bollati, in certe latitudini politiche, con la pseudo-categoria del “gender”, vero e proprio spettro terminologico con cui si spaventano le famiglie, presagendo vere e proprie catastrofi a danno della psiche dei più piccoli: «Sono temi fondamentali» si legge ancora, «ma non devono mai mettere in discussione l’incontrovertibile identità biologica che la natura ha assegnato ad ogni individuo». In che modo, tuttavia, non è dato saperlo.
Il provvedimento è stato votato dalla Lega e da Forza Italia e ha però suscitato la viva protesta, e non solo dentro le associazioni Lgbt+. «È inaccettabile che un’istituzione promuova false informazioni che generano pesanti discriminazioni verso le cittadine e cittadini» è la dichiarazione di Serena Graneri, presidente di Arcigay Torino. «Chiediamo» continua «che la mozione venga ritirata e che sia promosso in tutte le scuole del Comune di Rivoli un progetto di educazione alle differenze, a cui offriamo il nostro supporto nella realizzazione». Graneri continua ricordando la necessità dell’approvazione, in tempi quanto più urgenti, della legge Zan.
Ma, si diceva, non solo il mondo arcobaleno è in rivolta. Anche il mondo della scuola bolla il provvedimento come fuori da ogni realtà didattica. Contro la mozione sono state raccolte centinaia di firme da parte di insegnanti e famiglie, «in calce a un documento inviato al sindaco Tragaioli ricordando che “il medioevo è superato” e ricordando che esiste l’autonomia scolastica» riporta Repubblica.it. «È grave» riporta la lettera di protesta «che un partito del Consiglio comunale, intenda vegliare sull’operato della scuola, negando le differenze e pretendendo che la scuola si adegui ai loro principi di discriminazione, non accettando altra identità di genere e di orientamento sessuale se non quello da loro chiaramente espresso in questa mozione».
Repubblica fa notare che tale mozione rappresenta «un altro infortunio della maggioranza leghista a Rivoli, dove è ancora vivo il ricordo della vicesindaca Laura Adduce, la stessa che invocava “campi di concentramento per i rom”, mentre il 25 aprile scorso prende in giro la canzone-simbolo della Resistenza Bella Ciao, specificando che sentirla cantare “le ha fatto andare per traverso il pranzo” e diffondendo poi il video-selfie sui social». Giusto per conferire al tutto il colore politico più adeguato. E no, non è (solo) il verde.
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