Un’altra sentenza diventata definitiva riconosce la stepchild adoption alla madre intenzionale di una bimba nata grazie alla fecondazione eterologa e a cui era stata riconosciuta solo la madre biologica.
La sentenza del Tribunale per i Minori di Roma era stata oggetto di ricorso in Corte d’Appello. Ma contro la decisione positiva dei giudici di secondo grado, la Procura non ha fatto ricorso in Cassazione entro i termini previsti. La sentenza è, dunque, definitiva.
A darne notizia è l’associazione Famiglie Arcobaleno che ha raccolto la dichiarazione della donna cui è stata riconosciuta la responsabilità genitoriale nei confronti della figlia.
“Finalmente, due mamme”
“Vivevo nel terrore, senza esagerazioni, che mi potesse accadere qualcosa o che potesse accadere qualcosa a nostra figlia – racconta Rory Cappelli -. Vivevo nel terrore di non essere in grado di fare nulla: adesso con questa sentenza per quanto non si tratti di un’adozione piena, per quanto si sia dovuto ricorrere ad avvocati e tribunali per veder riconosciuto un diritto fondamentale, adesso, dopo quasi quattro anni, posso finalmente respirare”.
“La bambina che ho cullato, consolato, che ho visto crescere – continua la donna -, che ha imparato a parlare anche insieme a me, che ho curato quand’era malata, che mi ha fatto commuovere perché con le sue manine mi faceva una carezza, la bambina che mi ha sempre chiamato mamma, adesso la mamma, l’altra mamma, ce l’ha per davvero, anche per lo Stato”. “Potrò stracciare la delega che mi permette di andare a prenderla a scuola – conclude Cappelli -. Potrò rifare i documenti, metterci anche il mio nome e partire con lei. Potrò esserle accanto senza che nessuno si possa domandare chi sono”.
Un paese a macchia di leopardo
La coppia di donne è stata assistita da tre avvocate: Titti Carraro, Silvia Menichetti e Cecilia Adorni Braccesi.
“Un nuovo passo in avanti- commenta Marilena Grassadonia, presidente di Famiglie Arcobaleno -, ma non dimentichiamo che la mancanza di una legge chiara che disciplini la genitorialità omosessuale nel nostro Paese impedisce a molti bambini nella stessa situazione di avere riconosciuti i loro diritti”.
“Si sta creando nel Paese una situazione a “macchia di leopardo” – spiega Grassadonia – che non è degna di un Paese civile. Segnaliamo in particolare che in alcuni Tribunali la situazione è bloccata da lunghissimi mesi e nessuna sentenza è mai stata emessa”. “La politica non dovrebbe ignorare che l’indeterminatezza delle leggi sta costringendo le nostre famiglie a una battaglia nei tribunali lunga e difficile per arrivare a ottenere tutele che la nostra Costituzione, come spiegato dalla Cassazione, già ci riconosce” conclude la presidente di Famiglie Arcobaleno.