Ammettiamolo serenamente: Salvini mangia da schifo. E no, non è “shaming” sulle sue abitudini alimentari: per quel che mi riguarda, è libero di ingozzarsi come un tacchino (cit), non è affar mio. Il discorso non è quantitativo, ma qualitativo. I suoi abbinamenti, le scelte culinarie, il modo stesso di presentare i cibi che offre al suo palato e l’estrema confusione che fa nell’associare i nomi alle cose ci suggeriscono alcune non trascurabili criticità. Vediamo quali.
La prima, che grande è la confusione sotto il cielo – e forse nella cucina – del “nostro”. La seconda, che il nostro vicepremier, nonché ministro degli Interni, non sa mangiare (e, a quanto pare, non sa nemmeno quello che mangia). La terza, che non ha superato la fase “pasta col tonno” tipica di uno studente dei primissimi anni universitari, quando ancora non si ha ben chiaro il limite invalicabile tra “ingurgitare la qualunque” e “nutrirsi con un minimo di criterio”. Differenza che si acquisisce tra il secondo anno e il terzo anno, grosso modo. Se poi scomodiamo il concetto di gastronomia, si apre un abisso che non teme confronti con l’inferno creato dalla caduta di Lucifero sulla Terra, di dantesca memoria. Lia Celi, in un sapiente articolo su Linkiesta, ha parlato di fase orale perenne. Freud avrebbe molto da aggiungere, a riguardo.
Dovevamo capire che il nostro ha un serio problema con il cibo quando, quasi due anni e mezzo fa, a Catania pubblicò tutto gongolante un tweet in cui diceva di aver preso un arancino – sì, nel capoluogo etneo si dice così, non me ne voglia il fan club della variante femminile – accompagnandolo con una granita. Al limone. Per capire il grado di orrore che ad un siciliano doc può suscitare tale accostamento, è come se il politico x, leader del partito y, andasse a Verona e pubblicasse felice una foto con una fetta di pandoro grondante di maionese. Rivoltante, dite? Ecco, mettetevi nei panni di chi, quel giorno, ha aperto Twitter e si è trovato esposto a tanta barbarie. E, purtroppo per noi, non finisce qui.
Vogliamo parlare del famoso piatto di pasta, rigorosamente Barilla, condita con sugo della Star e accompagnata da un calice di vino rosso? Il tutto, con tanto di un apotropaico “alla faccia della pancia”. E sempre con quel fare sornione, al limite del trionfo in una guerra che nessuno ha mai ingaggiato, se non quella al buon gusto, di cui “il capitano” si candida ad essere indiscusso vincitore. Come se il problema fosse mettere su qualche chilo e non dover subire le conseguenze di un’agghiacciante ortoressia al contrario, tra qualche arretramento sui diritti umani – i casi Aquarius e Diciotti urlano ancora vendetta – e quel tentennar di manette che fa tanto di fascismo distopico, ma tragicamente attuale, allo stesso tempo, con le gioie che ci darà il “decreto sicurezza”.
E ancora, non pago di questa piccola trattoria degli orrori, Salvini alza ancora di più l’asticella dell’horror culinario: «Oggi a pranzo mi tratto bene: tortellini freschi emiliani e ragù con la salsiccia, con un boccale di birra», dichiara spavaldo. Mettendo pure le mani avanti: «Sperando che qualche giornalista o qualche professorone di sinistra non si offendano». I giornalisti e i “professoroni” – termine caro anche all’altro Matteo della politica, quello dei referendum che vanno male e delle elezioni perse ancora peggio – non hanno proferito parola. Gli emiliani, invece sì. Sempre per quel principio, caro al concetto di realtà, per cui il tortellino è in brodo. Il resto è come dire stop a un’invasione che non c’è. Ma appunto, stiamo parlando del principio di realtà. Qualcosa che mal si associa a tutto ciò che ha a che fare con la Lega.
Dulcis in fundo – anche se sarebbe più opportuno dire in cauda venenum – il ministro dell’Interno si è rimanifestato ieri mattina con la sua bulimia da social network, twittando una foto in cui possiamo leggere: «Il mio Santo Stefano comincia con pane e Nutella» e segue emoji felice, a cui fa seguito «il vostro???». Sì, con tre punti interrogativi. Il tutto dopo una notte in cui, in quella Catania in cui ha provato arancini e granita si è registrato un terremoto molto forte, che ha procurato molta paura tra la popolazione e anche diversi danni e feriti in provincia. E dopo un agguato di ‘ndragheta in cui hanno assassinato il fratello di un collaboratore di giustizia, a Pesaro, che viveva in regime di protezione. Ovvero, sotto la sorveglianza dello stato. Di fronte tutto questo, il suo primo pensiero è stato la colazione. Quando si dice, le priorità. E se in tutto questo ci mettiamo pure che quello che si vede in foto non è pane, ma una fetta biscottata, la tragedia è più che compiuta.
Adesso, qui non si vuole essere ipercritici a tutti i costi col leader leghista. Leader che a tutto pensa, fuorché a fare il ministro. Per capire la severità del giudizio, pensiamo a qualche frase celebre di personaggi del calibro di Togliatti, De Gasperi o Pertini, da una parte. E dall’altra, torniamo all’ennesimo tweet salviniano del 2015: «Viva pane e salame, se non ti va bene: TORNA A CASA TUA!» riferito alle abitudini dei musulmani di non mangiare carne suina. Tale accostamento dovrebbe dirci tutto sulla qualità dell’attuale classe dirigente. E se è vero che ognuno è ciò che mangia, Salvini è messo malissimo. Andrebbe ricordato, anche a chi dentro la comunità Lgbt ne difende scelte e affermazioni, quando “il capitano” sproloquia anche su genitore 1 e 2, di gender e di altri animali fantastici che vivono nel suo ricettario da cui poi fuggono per invadere i suoi social e, quindi, i nostri schermi.
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