Per due giorni non s’è fatto altro che parlare dell’ormai famigerato titolo del Resto del Carlino sul “trio delle cicciottelle” riferito alle tiratrici con l’arco azzurre arrivate quarte alle Olimpiadi di Rio. Il caso ha suscitato un clamore tale da portare l’editore a sollevare il direttore dall’incarico, giustamente, a nostro avviso.
Non è il primo titolo sessista, specialmente in ambito sportivo, che leggiamo e, purtroppo, non sarà l’ultimo. La questione dell’informazione che riguarda le donne, però, non riguarda solo il nostro sistema mediatico: è un problema che coinvolge anche la blasonata stampa anglofona e che sta vedendo l’apice proprio in questi giorni di gare olimpioniche. Tant’è che The Guardian ha deciso di pubblicare una breve e semplice guida. Uno strumento, destinato ai giornalisti e alle giornaliste, per scrivere di donne e sport senza scadere nel sessismo.
Autrice del testo è la scrittrice Lindy West che elenca una serie di casi di titoli o reportage da Rio che trasudano sessismo da ogni parola, per quanto a volte involontariamente. Tra gli esempi spicca il titolo scelto dal Chicago Tribune: “La moglie dell’attaccante dei Bears vince la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Rio”, oppure la definizione che il People Magazine ha riservato alla ginnasta Simone Biles: “la Michael Jordan della ginnastica”. Aggiungiamo, solo a titolo esemplificativo, quel “trio delle cicciottelle” del Resto del Carlino e “argento a Rio e oro in bikini” di Libero.
Per questo West ha preparato la breve guida che vi riproponiamo di seguito.
SÌ: scrivete di atlete donne come scrivereste di atleti uomini, senza parlare del loro genere se non, ad esempio, nel nome della disciplina (come “Rugby femminile”). Cosa succederebbe se si menzionasse il genere ogni volta che si parla di atleti uomini? “L’attaccante della squadra avversaria indossava una seducente fascia di spugna, dimostrando che un uomo può giocare a calcio e rimanere comunque sexy”. Suona strano, vero?
NO: non perdete tempo a discutere del trucco delle atlete, della pettinatura, di quanto siano corti i pantaloncini o stringati i costumi, della circonferenza delle cosce, del fatto che sono sposate o fidanzate e con chi ecc. Impiegate lo stesso tempo e le stesse energie a discutere le loro doti atletiche, i risultati sportivi raggiunti e quelli mancati.
NO: non trasferite le vostre sensazioni sessuali nella notizia. Certo, ci sono molte donne su Twitter o Facebook che fanno apprezzamenti appassionati sulle spalle dei nuotatori, per dirne una, ma non ci sono di contro mancanze nella copertura mediatica delle imprese sportive degli uomini. Non c’è niente di male nel sentire attrazione sessuale per chicchessia, ma state attenti al contesto in cui la esternate.
Sappiamo benissimo che ci sono giornalisti e reporter che fanno bene questo mestiere, che commentare gli eventi live non è facile e che l’errore è dietro l’angolo. Ma c’è un modo sistematico di parlare di donne, specialmente quando sono all’apice della loro carriera, sia essa sportiva o politica, che ripropone sempre lo stesso schema e lo stesso stereotipo. Non è un errore: è, appunto, un metodo (consapevole o meno, ma lo è).
West conclude la guida con una frase che, in fondo, ne è la sintesi perfetta: “Le atlete sono atlete. Se vi interessa lo sport, scrivete di sport, se vi interessa la parità di genere, scrivete di sport”.
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