Lucarelli condannata per aver detto che una miss era trans: quindi trans è offensivo?

Selvaggia Lucarelli è una che di peli sulla lingua non ne ha: è cosa nota. E a prescindere che questa caratteristica della blogger e commentatrice piaccia o no, questa volta le è costata una condanna a risarcire con 5000 euro un’ex candidata a Miss Italia della quale aveva detto che era una trans. E già qui, se ne deduce che “trans” equivale ad un insulto. Giusto? Ma per chi?

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Selvaggia Lucarelli

Correva l’anno 2010 quando la giovane Alessia Mancini, da poco eletta Miss Lazio, sfilava sulla passerella di Salsomaggiore Terme (erano ancora i tempi d’oro del concorso) aspirando al titolo di Miss Italia. Complice un regolamento più volte contestato secondo cui per partecipare a Miss Italia bisogna essere nate donne, quell’anno circolavano insistenti indiscrezioni che volevano che tra le concorrenti si celasse una donna trans.

Così, Lucarelli scrisse sul suo blog: “E insomma, la voce è più che insistente e io ve la spiffero in assoluta anteprima: la storia che a Miss Italia ci sarebbe una concorrente trans in effetti dicono sia vera. E il nome che gira è quello della numero 53, Alessia Mancini (omonima della nota showgirl), una tizia la cui altezza desta già qualche sospetto: è alta 1,84. La ragazza, sempre secondo le voci, sarebbe operata, avrebbe cambiato il suo nome all’anagrafe ed è stata eletta Miss Lazio il 23 agosto. Non fosse che Marrazzo non è più presidente della ragione Lazio sarebbe anche lecito pensare ad una raccomandazione”. Era il 10 settembre 2010 e il post si intitolava: “Miss-ter Italia: il trans è la 53?”.

A risentirsi per questo uso della parola trans avrebbe dovuto essere la comunità delle persone transgender, a nostro avviso: l’uso del maschile (con tanto di “miss-ter”) riferendosi a quella che si supponeva essere una persona MtoF (che passa, cioè, dal genere maschile a quello femminile) è una ferita alla dignità delle trans che si rinnova quasi quotidianamente. E anche il riferimento ai guai dell’ex presidente della Regione Lazio è di dubbio gusto.

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Alessia Mancini al momento dell’esclusione da Miss Italia 2010

Ad offendersi, invece, fu Alessia Mancini. La sera in cui venne esclusa dal concorso, scoppiò in lacrime e non solo per essere rimasta fuori dalla gara, secondo la ricorstruzione che fa il Corriere della Sera. L’ex Miss Lazio decise dunque di querelare la blogger colpevole (citiamo il Correre letteralmente) di “averla umiliata additandola come una transessuale”. Da questa esposizione dei fatti traspare già un sentire comune piuttosto diffuso: dire che una persona è trans equivale ad umiliarla, l’identità delle persone trans non ha dignità al pari di quella delle persone cisgender (ovvero di coloro la cui percezione di sé equivale al sesso biologico). Tesi, a quanto pare, sposata dal giudice che ha emesso la sentenza sul caso condannado Lucarelli a pagare 5000 euro di risarcimento.

Al netto del fatto che bisognerebbe leggere le motivazioni della sentenza, la percezione della vicenda è che una corte di giustizia stabilisce che dire ad una persona che sembra una trans è una diffamazione. Come se lo fosse, ad esempio, dire a qualcuno che sembra nordafricano o svedese per via del colore della pelle, olivastro nel primo caso o molto chiaro nel secondo.

Come ha scritto sul proprio profilo Facebook Monica Romano, donna trans e attivista: “In sostanza hanno avvalorato l’idea che la parola “trans” sia un insulto intollerabile per chi se la sente attribuire. Accadrebbe la stessa cosa se io facessi causa a qualcuno che mi accusi di essere una donna cisgender?”. “Non mi interessa tanto l’aspetto giurisprudenziale di questa vicenda triste e anche un po’ stupida – spiega Romano – , quindi chiedo agli amici giuristi di non scatenarsi. Mi interessa, e tanto, quello culturale. A me pare che, in un modo o nell’altro, l’identità delle donne transgender sia stata denigrata ancora una volta… e immagino, anzi so, che ne abbiamo tutte le tasche un tantino piene”.

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