«Dobbiamo imparare a dirci la verità: se attraversi i binari della metropolitana per picchiare due ragazzi omosessuali, lo fai perché senti che il tuo paese ti autorizza a farlo». Starebbe tutto in questa frase il significato politico del libro di Alessandro Zan, Senza paura (Piemme, 2021). Quanto meno se vogliamo leggervi, in esso, un libro di denuncia. Ma sarebbe riduttivo. È un’autobiografia, quella del parlamentare dem che ha dato il suo nome alla legge contro l’omo-bi-lesbo-transfobia, che è sia racconto umano, sia racconto politico. D’altronde, cosa c’è di più politico della narrazione di sé, per scardinare la rappresentazione di un mondo che non ti prevede? E quanto è vero, questo aspetto, per le persone Lgbt+?
Una parola potentissima
E ti sembra di vederlo, allora, Alessandro Zan in quel banco di scuola media prima, quando non sapeva ancora depositare sulla sua coscienza la parola “gay”. Una parola potentissima, che può fare la differenza tra un prima e un dopo. E sei lì, con lui, quando ti parla di quella cotta per il compagno di banco, messa al sicuro nel palcoscenico delle cose non dette. Ma che urla dentro, che vuole presenza scenica, dignità di vita. Togliere la maschera del taciuto per divenire parola creatrice. Ci ha pensato oltre trent’anni dopo, a usarle bene le parole. E a usarle tutte. E quel che vien fuori è un libro in cui mette insieme, come egli stesso racconta, passione politica, amore per la matematica e molto altro di sé.
Tra Erasmus e televideo
Poi, a un certo punto, succede qualcosa nella vita di un gay nato negli anni ’70 che diventa un ragazzo degli anni ’90: le prime esperienze, grazie ai primi rudimentali ritrovati della tecnologia. Sorriderebbero, come accade spesso nelle mie classi quando faccio vedere le foto dei vecchi telefonini, i ventenni di oggi al cospetto del “televideo” e dei primi annunci, di fronte a quei “lui cerca lui” dove ci si scambiava, illo tempore, qualche lettera al fermoposta e si organizzavano incontri lontani dagli occhi di chiunque. E poi ancora l’Erasmus, quando capisci che il mondo è molto più grande dei confini nei quali tentano di rinchiuderti. E Zan racconta anche questo. E anche in questo caso, mentre lo leggi, mentre sfogli le pagine del suo libro, sei lì insieme a lui. Sia perché quelle cose le hai vissute esattamente nello stesso modo, sia perché alla fine le storie di liberazione hanno grammatiche comuni, per quanto diverse possano essere nei dettagli.
Senza paura, dentro l’attivismo politico
La storia di Alessandro Zan, raccontata con delicatezza in Senza paura, è la storia di una serie di coming out e di un passaggio – esistenziale e politico – che parte, nel momento in cui la sua vita incontra l’attivismo, dall’ingresso di una sede locale di Arcigay: «Il leggendario circolo Tralaltro di Padova, uno di quei pochi luoghi dei quali posso dire che ha cambiato radicalmente la mia vita». Una vita fatta di riviste lasciate per sbaglio in macchina, un padre che chiede spiegazioni, una madre che accoglie. E poi i silenzi, immancabili quando ai tuoi genitori hanno insegnato a trattarti come un errore. E poi il ritrovarsi, spalla a spalla, e riempirlo quel vuoto maledetto, con quella fragilità – che è un volto della tenerezza – degli ultimi anni. Quando la vita scivola via e quando il tempo è così poco e hai talmente tante cose che restano da fare, che tutto diventa più intenso. E se vogliamo, anche questa è guarigione.
Una vita fatta di battaglia e amore
Non voglio dire altro del libro di Alessandro Zan. E se ho toccato questi argomenti è perché sono quelli che più somigliano alla mia, di vita, pur con tutte le differenze del caso. Eppure, come dicevo, mentre sfogli le pagine e ti sorprendi a sorridere per quella volta che poteva accadere uguale uguale a te, o ti si riga il volto quando la narrazione scivola sulla delicatezza dei legami familiari – e sono pagine d’amore, sebbene l’amore sa essere rude a volte – mentre succede tutto questo tu sei lì. Accanto a lui. E lo senti parlare. Con le vocali strette, come parla la gente del nord. Col suo garbo, che non è solo istituzionale. Con la sua storia, fatta di politica e di tutto il resto. Di vita, che non si è arresa agli autunni di provincia e alla solitudine di un corridoio di scuola. Che è andata oltre i silenzi e ha scalato montagne. Che si è fatta battaglia e amore.