Si torna in questo periodo a parlare dell’orientamento sessuale, attraverso uno dei più grandi sondaggi sul tema, condotto da un’importante società britannica di rilevazioni statistiche (YouGov), che ha riportato come la metà dei giovani britannici tra i 18 e i 24 anni (49%) non si ritiene esclusivamente eterosessuale né esclusivamente omosessuale. In particolare, tale percentuale, chiamata a posizionarsi sulla scala dell’orientamento sessuale ideata da Alfred Kinsey (1948), predilige uno stadio intermedio tra i due estremi, identificabile come “bisessualità”.
Nello specifico, la scala Kinsey è un sistema di classificazione degli orientamenti sessuali e rappresenta, nel contesto scientifico moderno, uno dei primi metodi utilizzati per identificare l’orientamento sessuale ovvero l’attrazione erotico-sessuale verso i partner secondo un criterio di gradualità meglio definito come un continuum flessibile e dinamico.
In sostanza, l’individuo, a seconda delle proprie caratteristiche individuali e in relazione alle proprie scelte di vita, si può esperire come sessualmente orientato verso un polo eterosessuale o verso un polo omosessuale. La scala è infatti formata da sei livelli che vanno da 0, che indica una tendenza esclusivamente eterosessuale, a 6 che indica invece una propensione esclusivamente omosessuale mentre nel centro (al valore 3) si collocano coloro cui le tendenze etero e omosessuali si equivalgono (bisessuale) mentre in mezzo a questi tre punti “principali” ci sono le relative sfumature.
Dunque, come mai molti giovani ragazzi oggi si identificano come bisessuali? Bisogna sicuramente ricordare che lo stereotipo dominante è quello di una “normatività” sessuale etero-orientata, che rischia spesso, però, di dare voce a posizioni eterosessiste che non riconoscono il diverso da sé, alimentando ignoranza, pregiudizio e innescando in alcuni casi scenari anche violenti.
Ma i cambiamenti sociali e culturali che hanno sdoganato l’omosessualità anche dall’essere considerata disturbo, hanno sicuramente portato ad un’apertura e di riflesso al sentirsi più liberi verso l’eventualità di viversi sessualmente anche esperienze di tipo omosessuale, evitando così dei comportamenti talvolta disfunzionali messi in atto solo per non sentirsi diversi.
La possibilità, dunque, di sperimentarsi nella sessualità in un senso eterosessuale, omosessuale o bisessuale gioca un ruolo chiave in quella che la psicologa americana Lisa Diamond ha chiamato per la prima volta “sessualità fluida” e che rappresenta la capacità di un individuo di reagire sessualmente e in modo flessibile a seconda delle circostanze; sottolineando come l’orientamento sessuale non possa essere modificato o imposto dalla cultura o società di riferimento, ma rispettandola come semplice “variabilità” del comportamento sessuale, consapevole e libera da strutture che non permettano la scoperta e il benessere del proprio sé corporeo e sessuale.
Quindi, l’espressione di tale “fluidità sessuale” non riguarda solo una potenziale bisessualità “innata” di ciascuno, ma anche tutte le altre potenziali variabili dell’orientamento sessuale che stanno sempre più emergendo come l’asessualità che si sta delineando come quarto orientamento o della pansessualità che, invece, è caratterizzata dall’attrazione erotico-sessuale per più generi. Tali prospettive sembrerebbero andare oltre la dicotomia “normativa” maschio-femmina, in un momento storico e culturale in cui va delineandosi sempre più un profilo di un “terzo sesso” con caratteristiche sia maschili che femminili ed una libertà sessuale che guarda più all’individuo che alle etichette.