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La stagione degli amori tra eterosessuali: quali sono i rituali di accoppiamento?

Sì, so a cosa starete pensando: che ho una fissazione con gli eterosessuali. Ma a mia discolpa dirò che non ho nulla contro gli etero. Anzi, ho molti amici etero. E quindi li studio, li osservo e provo a capire il loro mondo. Una cosa che ho notato, ad esempio, è una certa difficoltà nell’uso di un lessico di base. Anche riconoscere il significato dei termini più comuni può essere difficile. A cominciare dalla più semplice delle parole: il NO. Ma prima di addentrarci nell’analisi di questo mondo, con un ulteriore focus sulla stagione degli amori, ricordo il primo e unico mantra possibile per articoli come questo: c’è molta ironia. Coglietela, insomma. Come fareste con le more in un rovo. Col rischio di pungervi, dunque. E intanto, mettete come sottofondo la musica di Superquark.

L’incapacità di accettare un NO

Il maschio eterosessuale sembra non comprendere perfettamente il termine “no”, come si diceva più su. Soprattutto nei casi in cui è arrivata la stagione degli amori. Mentre in natura è il migliore tra gli esemplari disponibili ad arrivare alla copulazione e quindi alla diffusione del seme, l’eterosessuale sembra concepire l’accoppiamento come inalienabile diritto. A tal punto che non riesce ad accettare un “no” come risposta. La reazione al “no” trascende, in casi abbastanza diffusi, in quel fenomeno che in linguaggio giuridico viene definito stalking. Vediamolo più da vicino.

Gli eterosessuali e lo stalking

Tale rituale espone la vittima, pardon, la femmina destinataria delle profferte amorose a una serie di richiami, tutti miranti alla mettersi in mostra con la speranza di risultare sessualmente appetibile. Telefonate insistenti, posta indesiderata – nei casi più estremi, con esibizione di organi sessuali – controllo sui social network, inviti a uscire insieme e talvolta anche omaggi non richiesti, fanno parte di questo curioso rituale di accoppiamento che, a sentire le donne che lo subiscono, non ha alcuna possibilità di riuscita.

Il cat calling

Tipico richiamo amoroso, ancora, è quella pratica che il linguaggio femminista ha ribattezzato cat calling. Abitudine per cui, al passaggio di una donna, il maschio si sente autorizzato a emettere versi di varia natura, fino a veri e propri apprezzamenti sulle fattezze fisiche o sul modo di muoversi della malcapitata di turno. Per altro, il nome stesso della pratica, dovrebbe suggerirne le scarse possibilità di successo: chiunque ha un gatto sa quanto sia improficuo chiamarlo, nel momento in cui è necessario che si manifesti. Eppure i maschi eterosessuali non sembrano aver capito l’inutilità della pratica.

L’esibizionismo sulle proprie prestazioni

Altrove, soprattutto nei luoghi pubblici, la stagione degli amori si manifesta con complimenti in ascensore o nel luogo di lavoro, fino al pubblico vanto delle proprie prestazioni sessuali. Lo scopo, anche in questo caso, è quello di arrivare al successo relazionale e amoroso. Senza capire che, a furia di lasciar troppo spazio ai coglioni a discapito del cervello, porterà l’osservatrice a confondere il portatore con i suoi stessi organi genitali.

Il WWF del pene maschile

Temendo il rischio di estinzione, per altro del tutto inconsistente vista la preponderanza dell’elemento eterosessuale all’interno della biosfera umana, molti maschi si organizzano in sottocategorie di tutela della specie, dagli MRA agli incel. Una sorta di WWF non ufficiale del pene maschile, che però non ha ancora realizzato che il panda della situazione in questo caso, cioè il maschilismo, non va affatto tutelato. E che bisognerebbe far di tutto, invece, per farlo sparire dalla circolazione. Non certo con la violenza o la costrizione. Bensì, con un minimo di educazione al rispetto, con l’ascolto, con la cultura del consenso – che se lei ti dice “no”, è NO – e, in misura molto più generica con una cultura che non sia machista.

Un po’ di gaysplaining

Insomma, i miei sono solo buoni consigli. Come dite? Che ne sa un gay di come funziona tra gli eterosessuali? Ragazzi – e qui mi rivolgo solo a chi non l’ha presa bene – ma se è da secoli che non fate altro, a parti invertite! Per una volta, di fronte a tanta tracontanza “non arcobaleno”, fatevi piacere un po’ di “gaysplaining”. Oppure, alla peggio, fatevi una risata. Come quando sentite qualche comico fare battute sulle persone Lgbt+. Dovreste esserci abituati. Pace e bene, insomma.

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