Sotto assedio la legge contro l’omofobia approvata in Svizzera lo scorso 14 dicembre, estendendo la norma contro il razzismo anche ai crimini legati all’orientamento sessuale. Esponenti dell’Unione Democratica Federale (Udf, conservatori populisti) e dell’Unione Democratica di Centro (Udc, partito di centrodestra sovranista) hanno pensato, tuttavia, di indire un referendum contro la nuova normativa e hanno tempo fino al prossimo 7 aprile per raccogliere cinquantamila firme necessarie ad avviare la consultazione popolare. Le motivazioni per cui i le forze populiste e sovraniste si sono scagliati contro la legge è perché minaccerebbe la libertà di espressione in Svizzera.
Samuel Kullmann, il portavoce del comitato referendario e membro dell’Udf, parla addirittura di censura e paventa che anche la più piccola offesa possa essere sanzionata dal codice penale: «Il diritto fondamentale alla libertà d’espressione non può essere sacrificato sull’altare di un “diritto a non essere insultati”» ha affermato. Le motivazioni sono a dir poco assurde: «Gay e lesbiche devono sopportare anche opinioni che danno fastidio, come noi tutti» sono le parole dell’esponente politico. Mentre per le aggravanti su aggressioni e offese gravi, sostiene che l’ordinamento svizzero ha già tutte le leggi che servono. Non c’è bisogno dunque di normative ad hoc. Un copione già visto anche da noi, ai tempi della legge Scalfarotto.
Non ci stanno le associazioni Lgbt locali, come Pink Cross. Il portavoce Roman Heggli infatti ha espresso parole durissime contro questo tentativo di affossare la legge: «Questo referendum omofobo arriva tutto da destra, a questa gente interessa solo poter continuare a discriminare impuniti gli omosessuali e attizzare l’odio» ha dichiarato. Heggli ricorda, per altro, che la legge non punisce le battute o le opinioni personali, ma le discriminazioni e l’incitamento all’odio. Facendo notare, ancora, quella che dovrebbe essere un’evidenza: «La denigrazione di gay e lesbiche, del resto, non è un’opinione, ma solo omofobia».
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