Il 17 ottobre scorso, in Tanzania, sono state arrestate tredici persone, tra cui tre avvocati e i loro assistiti, durante un incontro di Strategic Litigation in Africa (Isla) e di Community Health Services and Advocacy. Argomento dell’incontro era l’elaborazione di strategie per superare le leggi del paese che, per prevenire la “propaganda dell’omosessualità”, vietano la diffusione di servizi e presidi medici. Lo scorso anno, ad esempio, il Governo ha interrotto i programmi di prevenzione dell’HIV destinati alle persone lgbt ed ha sospeso la vendita e l’importazione di lubrificanti per preservativi. Secondo l’OMS, su una popolazione totale di 50,8 milioni di persone, la Tanzania conta 1,4 milioni di persone che vivono con HIV. Tra gli uomini che fanno sesso con gli uomini, il 25 per cento hanno contratto il virus.
La “propaganda dell’omosessualità”
A tutti gli arrestati, tra cui due sudafricani e un ugandese, è stato contestato il reato di “propaganda dell’omosessualità”. Dopo essere stati liberati su cauzione, i tredici uomini sono stati nuovamente arrestati il 20 ottobre e la cauzione revocata. Tutti sono poi stati liberati il 26 ottobre, grazie alla pressione della diplomazia sudafricana e del coordinamento UE che si trova sul posto.
Un fatto simile era già successo lo scorso settembre. Durante un incontro in un hotel di Zanzibar erano stati arrestati venti attivisti riuniti per una sessione di educazione e formazione sull’HIV. La polizia aveva avanzato contro di loro l’accusa di omosessualità che in Tanzania è un crimine.
Cosa fa l’Italia per i diritti lgbt in Tanzania?
Il 31 ottobre alcuni senatori (tra cui Sergio Lo Giudice e Monica Cirinnà) hanno presentato una interrogazione al ministro degli Esteri Angelino Alfano. I senatori hanno chiesto se il Governo italiano intenda protestare con quello della Tanzania «per la criminalizzazione dell’omosessualità» anche in sede di relazioni bilaterali. I firmatari dell’interrogazione chiedevano anche come si intendano sostenere le tredici persone arrestate e quali iniziative il Governo adotterà «per il rilancio della strategia di promozione dei diritti umani delle persone lgbti» nei paesi in cui sono perseguitate da regimi totalitari o teocratici. L’interrogazione si basa anche sul fatto che l’Italia fa parte della Equal Rights Coalition.
Che rapporti ci sono tra Italia e Tanzania?
L’Italia intrattiene con la Tanzania rapporti bilaterali su diversi fronti. In termini economici, solo nel 2014, il nostro paese ha investito 100 milioni di euro solo per investimenti turistici nell’isola di Zanzibar, oltre ad altri fondi in infrastrutture e costruzioni. Sul fronte della cooperazione allo sviluppo, invece, la Tanzania ha ricevuto dall’Italia circa 195 milioni di euro dagli ani Ottanta ad oggi. Rientra nell’ambito della cooperazione anche l’iniziativa AID 9562, “Intervento sanitario di potenziamento della diagnosi e cura dell’infezione da Hiv/Aids, tubercolosi, malaria e patogeni emergenti”. Firmato per tre anni a dicembre 2012, l’accordo AID 9562 è stato poi prorogato di un anno.
La risposta del Governo
A rispondere all’interrogazione, è stato il viceministro Mario Giro. Il Governo, ha spiegato Giro, conferma il proprio impegno nella difesa e la promozione dei diritti delle persone lgbt nel mondo. Giro ha ricordato che l’Italia «solleva regolarmente la tematica della decriminalizzazione dell’omosessualità (…) nei paesi terzi, inclusi quelli africani» tramite Raccomandazioni nell’ambito della Revisione Periodica Universale del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite. Inoltre l’Italia, tramite l’adesione alla Equal Rights Caolition», «si ripropone di rafforzare la cooperazione tra paesi tramite la condivisione di informazioni e buone pratiche» sul tema della difesa dei diritti delle persone lgbt. Nello specifico del caso della Tanzania, Giro ha risposto che l’Italia «segue con grande attenzione gli sviluppi della situazione» ed opera per trovare «soluzioni condivise per sensibilizzare il paese africano verso una maggiore tutela dei diritti umani».
I paesi dove l’omosessualità è un crimine
Secondo l’ultimo rapporto di Ilga World, l’organizzazione che racchiude più di 1.200 associazioni lgbt che operano in 132 paesi del mondo, gli stati in cui l’omosessualità è reato sono 72 (24 in Africa, 13 in Asia, sei nelle Americhe e due in Oceania). Di questi, in 45 vengono punite anche le relazioni tra donne, mentre in tutti sono considerate fuori legge quelle tra uomini. Ancora, in otto paesi è prevista o applicata la pena di morte. Le pene detentive variano da un mese a 15 anni di detenzione, in base alle leggi locali e al reato contestato (dalla “propaganda”, ai reati contro la morale, dagli atti sessuali alla “sodomia”).
I recenti casi di persecuzioni di massa
Nell’ultimo anno si è parlato molto delle persecuzioni contro i gay in Cecenia. Un’inchiesta di Novaya Gazeta, l’unico quotidiano russo d’opposizione, ha portato alla luce l’esistenza di alcune prigioni segrete in cui molte persone, tra cui anche omosessuali, vengono detenute e torturate senza un giusto processo. Le associazioni russe e lo stesso quotidiano hanno anche riferito di alcuni decessi (almeno tre) tra i gay arrestati dalle autorità cecene per via del loro orientamento sessuale.
Mentre paesi come la Lituania, la Germania e la Francia hanno offerto asilo politico agli omosessuali che riescono a scappare dalla Cecenia, l’Italia non ha ancora ufficializzato la propria disponibilità ad accoglierli.
Notizie di persecuzioni contro le persone lgbt sono giunte anche dall’Egitto, dove lo scorso settembre sette persone lgbt sono state arrestate per avere sventolato una bandiera arcobaleno durante un concerto al Cairo.