«La nostra visibilità non è un valore innato. “GUARDATI, RICONOSCITI, RISPETTATI”»: sono queste le tre parole «scelte per la campagna TDoV di quest’anno», come ci ricorda il Gruppo Trans di Bologna. Esse «vogliono riassumere il percorso di scoperta delle nostra identità, il ponte tra la nostra intima autenticità e il vivere nella realtà quotidiana». È così che oggi si celebra il Transgender Day of Visibility.
«Lo specchio è la metafora di quel rapporto così spesso controverso e doloroso con la nostra immagine, e accompagna ognun* nella ricerca, poi nella consapevolezza, e infine nel rispetto di noi stess*» leggiamo ancora, nella condivisione su Facebook del gruppo bolognese, accompagnata da un video sulla liberazione della propria identità. Un messaggio invita «a una presa di coscienza collettiva del nostro essere persone trans*, identità e corpi non conformi» e a «una riflessione sulla visibilità di tipo più introspettivo in questi giorni così rumorosi di allarmi farmaceutici e allarmismi medievali». (L’articolo continua dopo il video)
E il Gruppo Trans non è l’unica realtà che celebra il Giorno della visibilità. Anche il Mit, sempre su Facebook, ricorda il Tdov attraverso una condivisione, in cui possiamo leggere: «31 Marzo – e tutto l’anno – International Transgender Day of Visibility». Il Circolo Mario Mieli di Roma, invece, invita a firmare la petizione per facilitare l’accesso ai farmaci. E anche Arcigay, per l’occasione, ha messo in piedi la campagna Io esisto. Tra le varie storie riportate dall’associazione, ricordiamo quella di Morena Rapolla, avvocata presidente del circolo territoriale lucano, che dice di sé: «La visibilità mi ha insegnato che né io né il sogno che avevo di me stessa eravamo sbagliati, e così ho trovato il coraggio di (ri)abbracciarmi per la prima volta».
E anche singoli attivisti e attiviste celebrano il loro Tdov. Come Ethan Bonali, che scrive sulla sua bacheca, asterischi e hashtag inclusi: «Abbiamo onorato il #TdoV ieri in piazza a #Verona, mescolat* alle persone che desiderano la società che desideriamo anche noi. Non siamo oscurati da una manifestazione ma ne facciamo visibilmente parte. Siamo circondat* da alleat*, genitori, compagn*. Siamo in #relazione con loro e con il mondo. La relazione crea il posizionamento #politico, il #cambiamento, la #visibilità. Non c’è #intersezionalità e #femminismo senza relazione. Saremo liber* quando saremo liber* tutt*».
«In una società patriarcale, maschilista ed eterosessista in cui è imposto il binarismo di genere» rilancia Cristina Leo «rivendicare la propria visibilità è un atto politico, non è desiderio di apparire ma rivendicazione dell’essere, dell’esserci, di un modo, il mio/il nostro delle persone trans (ma non solo) di essere nel mondo». E rivendica, l’attivista «il diritto all’esistenza e all’identità non solo per me e per le mie/i miei compagn@ di battaglie, ma soprattutto per chi questa possibilità di esprimersi non ce l’ha, perchè vive situazioni o contingenze che le/gli impediscono di esprimere pienamente se stess@, cercando di dare voce a chi questa voce non ce l’ha».
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