Martina Navratilova è stata destituita dal ruolo di ambasciatrice e consigliera dell’organizzazione americana che si batte per gli sportivi Lgbt, Athlete Ally.
La messa alla porta è arrivata dopo le sue critiche alla partecipazione di atlete trans alle competizioni femminili. La 62enne ex campionessa di tennis, vincitrice di 18 titoli del Grande Slam e omosessuale dichiarata, aveva definito “folle” e un “imbroglio” che atlete trans abbiano “ottenuto onori come donne che sono oltre le loro capacità come uomini”. “E’ sicuramente ingiusto”, aveva scritto la Navratilova sul Sunday Times, “per le donne che devono competere contro persone che, biologicamente, sono ancora uomini. Sono felice di rivolgermi a una donna transgender in qualsiasi forma preferisca, ma non sarei felice di competere contro di lei”.
Una presa di posizione che ha scosso il mondo dello sport Lgbt, di cui la Navratilova è un’icona fin dal suo “coming out” nel 1981, e fa seguito a un’analoga uscita dell’ex tennista ceca su questo tema nel dicembre scorso. Per Athlete Ally si tratta di una posizione “transfobica” basata su vecchi luoghi comuni. Dura anche Rachel McKinnon, che a ottobre era diventata la prima atleta trans campionessa del mondo nel ciclismo con la conquista del titolo iridato Master della pista nello sprint ai mondiali di Los Angeles: “Sono frasi inquietanti, sconvolgenti e profondamente transfobiche”, ha commentato la ciclista canadese.
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