“Questi esami non potranno più essere imposti con la forza, fisica o morale, o senza il consenso della persona interessata”. Con queste parole, al ritorno da Ginevra, il ministro tunisino per i rapporti con le istanze costituzionali, la società civile e i diritti dell’Uomo della Tunisia, Mehdi Ben Gharbia, ha annunciato la fine dei test anali per “provare” l’omosessualità delle persone.
Con questa decisione, la Tunisia accoglie alcune delle raccomandazioni del Consiglio per i diritti umani dell’Onu che aveva definito questi test “atti di tortura”.
La depenalizzazione, all’orizzonte
In Tunisia, l’omosessualità è ancora punita con pene fino a tre anni di reclusione. Ma il ministro non si è limitato a dichiarare la fine degli odiosi test. Ha aggiunto che il suo paese “impegnato a proteggere la minoranza sessuale da qualsiasi forma di stigmatizzazione, discriminazione e violenza”. Questo presuppone la fine della criminalizzazione dell’omosessualità. Un passo che, però, no avverrà semplicemente abolendo la legge. Il ministro ha infatti dichiarato che è necessario “un dibattito sociale con i cittadini tunisini, oltre ad elaborare un patto poiché la società civile deve prima essere preparata al cambiamento”. Un provvedimento che, con ogni probabilità, non avverrà in tempi brevi.