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Ucraina, le donne trans fermate al confine: “Sei un uomo, vai a combattere”

“Le guardie di frontiera ucraine ti spogliano e ti toccano ovunque. Puoi vedere sui loro volti che si stanno chiedendo ‘cosa sei?’ Come se fossi una specie di animale o qualcosa del genere”. Sono le parole con cui Judis, una donna trans ucraina racconta al Guardian quello che le è successo mentre tentava di lasciare il suo paese in guerra e mettersi in salvo.
Judis è stata riconosciuta come donna anche dal punto di vista legale: sui suoi documenti non c’è più traccia del genere maschile che le è stato assegnato alla nascita.
Eppure, per le guardie di frontiera ucraine, non basta.
Dallo scorso 24 febbraio, in Ucraina vige la legge marziale adottata dal governo di Zelensky dopo l’invasione armata perpetrata dall’esercito russo. Tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni sono costretti a rimanere nel Paese. Solo le donne, i bambini e gli anziani possono scappare.

Le donne trans respinte al confine


La denuncia degli attivisti lgbt+, però, è che decine di donne trans sono state maltrattate e respinte mentre cercavano, come tutte le altre donne, di attraversare il confine.
“Tecnicamente, la legge marziale si applica anche alle persone trans, compresi gli uomini trans e le donne trans che non hanno cambiato i documenti – spiega Olena Shevchenko, attivista per i diritti umani e presidente di Insight, associazione LGBT+ ucraina -. Ma a quanto pare, le guardie di frontiera ucraine stanno impedendo di lasciare il Paese anche alle donne trans che hanno documenti validi che certificano la loro identità di genere. Nessuno sa il perché”.
Judis arriva da Luhansk, uno dei territori del Donbass controllati dai russi. Da lì era riuscita a scappare e ad andare a Kyiv proprio poche ore prima che la casa di sua nonna fosse distrutta da un missile. Judis aveva trovato alloggio in uno scantinato in un villaggio vicino Kyiv. “Un giorno un razzo è caduto a circa 150 metri dalla casa in cui vivevo – racconta la ragazza al Guardian -. Da allora ho avuto gli incubi su come i miei arti sarebbero stato spazzati via da una bomba”.

“Sei un ragazzo: vai a combattere”

Considerato che, nella foga di scappare, molte persone non hanno preso il passaporto con sé e che molti non lo avevano neanche mai richiesto, il governo ha dato disposizione alle guardie di frontiera di accettare anche la normale carta di identità come documento valido per lasciare il Paese. Ma per Judis le cose sono andate diversamente. E’ stata fermata e perquisita. “Sei un ragazzo – le ha detto un soldato dopo l’esame fisico -: vattene da qui”. A niente è valso il documento in cui Judis risulta donna. “Vai a combattere” le hanno detto.
Una sorte simile è capitata ad Alice, 24 anni, che arrivava da Brovary, vicino Kyiv. E’ ancora il Guardian a riportare il racconto di Alice che, con la moglie Helen, che si identifica come non binaria, è stata fermata mentre tentava di entrare in Polonia.

Toccate per controllare il seno e il pomo di Adamo

“Ci hanno portato in un edificio vicino al valico di frontiera – racconta Alice -. C’erano tre agenti nella stanza. Ci hanno detto di toglierci le giacche. Ci hanno controllato le mani, le braccia, mi hanno controllato il collo per vedere se avevo un pomo d’Adamo. Mi hanno toccato il seno. Dopo averci esaminato, le guardie di frontiera ci hanno detto che eravamo uomini. Abbiamo cercato di spiegare la nostra situazione, ma a loro non importava”.

Le difficoltà a reperire medicinali, dall’inizio della guerra, sta colpendo anche la comunità trans che non riesce più a reperire gli ormoni necessari per le terapie. “Se smetti di prendere ormoni da un momento all’altro, è estremamente pericoloso per la salute” sottolinea Alice.

Secondo quanto riporta il Guardian, quando Alice e Judis hanno tentato di oltrepassare il confine con la Polonia, insieme a loro c’era Bernard Vaernes. Con l’associazione Safebow aiuta le persone vulnerabili ad evacuare in sicurezza.

“In Ucraina, oltre alla guerra, sessismo e transfobia”

“E’ necessario mostrare che ci sono persone che soffrono, in questo momento, non solo per la guerra – sottolinea Vaernes -, ma anche per il sessismo e la transfobia e che non riescono a scappare”.
L’invasione della Russia sta terrorizzando la comunità LGBT+ ucraina che conosce le politiche ostili e persecutorie del regime di Putin nei loro confronti, specialmente se parliamo di persone trans.
D’altro canto, già alcuni giorni prima dell’invasione russa, l’ambasciatore statunitense presso le Nazioni Unite, Bathsheba Nell Crocker, aveva denunciato in una lettera le continue violazioni dei diritti umani che la Russia stava perpetrando nelle zone dell’Ucraina che già controllava.
“Voglio essere libera di fare quello che voglio, nella vita – ha concluso Judis -. Proverò ad attraversare di nuovo il confine perché ho il diritto di farlo e di vivere. E non resterò in silenzio. Non resterò prigioniera”.

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