“Quanto emerso in questi giorni in merito all’operato di un’associazione attualmente iscritta nel registro dell’Unar impone un’attenta riflessione su metodi e procedure per mettere in condizione l’ente di continuare a svolgere al meglio il suo prezioso lavoro”. Così la senatrice Monica Cirinnà (Pd) interviene nelle polemiche nate dopo il servizio delle Iene sui fondi stanziati dall’Unar.
Rivedere i criteri delle associazioni
“Visto che da ieri l’assegnazione dei finanziamenti dei progetti del bando Unar è sospesa – continua la senatrice – chiedo alla ministra Boschi di rivedere immediatamente i criteri e i requisiti ai quali devono corrispondere le associazioni per poter essere iscritte all’albo dell’Unar. Il decreto legislativo che lo regola, infatti, è datato 2003 e necessita, evidentemente, di essere aggiornato con norme più precise e stringenti così da poter procedere a una nuova attenta verifica di tutte le associazioni iscritte”.
“È questa la strada – conclude Cirinnà – per tutelare il prezioso lavoro dell’Unar che deve continuare a combattere contro tutte le discriminazioni, e garantire che l’eventuale assegnazione di finanziamenti avvenga a favore di associazioni che operano in piena legalità e trasparenza”.
Persone a rischio della vita per i fondi bloccati
Intanto arrivano i primi gridi di allarme dalle altre associazioni colpite dal blocco dei fondi.
Come Gaypost.it ha più volte ricordato, infatti, sono più di 30 i progetti di altrettante associazioni ammessi a finanziamento grazie al bando dell’Unar finito nell’occhio del ciclone. Tra questi, anche il progetto che permetteva la realizzazione di una casa di accoglienza per rifugiati e richiedenti asili LGBT presentato dal Mit di Bologna. Ma il punto è che si parla di persone in pericolo di vita.
Secondo quanto dichiarato all’agenzia Dire dalla vicepresidente del Movimento identità Transessuale, Cathy La Torre, infatti, ci sono due persone transgender attualmente detenute in Giordania e in Libia che sarebbero dovute arrivare in Italia ed essere accolte dal progetto “Rise the difference” di Bologna. La casa d’accoglienza, la prima di questo genere in Italia, era tra le vincitrici del bando dell’Unar i cui fondi sono stati bloccati dalla sottosegretaria Boschi. Al Mit, per questo progetto, sarebbero dovuti andare 75 mila euro.
In attesa negli hub italiani
Soldi che, però, potrebbero rimanere bloccati per 18 mesi. Quello che non era ancora emerso, da tutta questa vicenda, è che non si tratta di fondi statali, ma europei che, se non spesi entro il 31 dicembre, andranno persi. “Stiamo aprendo, grazie alla collaborazione con Mediterranean Hope- ha spiega La Torre – due canali umanitari attraverso il Libano per far arrivare in Italia due persone, agli arresti in quanto trans, una dalla Giordania e l’altra dalla Libia”. Ma c’è una lista di persone trans presenti negli hub italiani e che sarebbero state accolte nella casa rifugio di Bologna a partire dell’1 aprile prossimo e che ora non potranno essere accolte.
“Siamo incazzate come le iene con le Iene”
“Siamo incazzate come iene con le Iene – continua La Torre – perché hanno dato una versione parziale della verità. L’Anddos non finanziava le saune ma un progetto sui centri antiviolenza insieme alla Sapienza”.
Nella stessa situazione si trovano ora anche i progetti di altre associazioni come la Comunità di Sant’Egidio, la Croce rossa o il Cospe. “Se queste persone moriranno, le Iene le avranno sulla coscienza – incalza la vicepresidente del Mit – quindi chiediamo loro di venire qui a Bologna a fotografare anche l’altra faccia della medaglia e cioè l’uso virtuoso dei fondi Unar. Se questo non accadrà, siamo disposte ad andare a incatenarci sotto la redazione delle Iene”.