Aggiornamento del 31 luglio 2018
Era il 19 febbraio 2017 e le Iene, in un servizio di Filippo Roma, accusavano l’allora direttore dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, Francesco Spano, di aver usato il suo ruolo per avvantaggiare un’associazione di cui era socio, Anddos. In nome dello share, le Iene non esitarono a dileggiare Spano, fare outing e insinuare che i soldi (pubblici) del bando Unar venissero spesi da un’associazione gay per alimentare la prostituzione. Hanno costruito un caso sul nulla raggiungendo questi risultati: il direttore si è dimesso, il bando fu bloccato impedendo a tutti i progetti finanziati di partire, si è minata la credibilità di un ufficio che lavora per abbattere le discriminazioni e dato pane per i denti degli omofobi di tutta Italia.
Oggi tutte quelle accuse contro Spano sono cadute e la Corte dei Conti ha confermato la correttezza del bando finito sotto accusa. Di tutti i titoloni che abbiamo letto in quei giorni, oggi non c’è traccia mentre gli omofobi di professione che si leccavano i baffi restano in religioso silenzio. E le Iene? Il programma non va in onda in questo periodo ma la loro redazione è operativa (lo testimonia il fatto che pubblicano regolarmente articoli su fatti di attualità): mentre scriviamo, né la redazione, né la Iena del servizio hanno preso parola sul caso.
A seguire l’articolo “Unar e Iene: quando il sensazionalismo fa vincere l’omofobia“, pubblicato il 21 febbraio 2017.
Proponiamo, a mente fredda, alcune considerazioni sul famigerato servizio de Le Iene sul caso Unar. Premettiamo che non ci interessa difendere Anddos, che si è già espressa in merito. Chi scrive, non ha tessere di associazioni, per altro. Né consideriamo poco rispettabile chi frequenta quei luoghi, fosse anche solo per cercare legittimamente sesso. Quello Lgbt è un movimento di liberazione sessuale, teniamolo sempre a mente. Soprattutto quando si fanno valutazioni in merito a certe vicende.
La ricostruzione offerta lega tra loro fatti molto diversi, a uso e consumo di facili indignazioni: da una parte, l’elargizione di fondi statali per associazioni che presentano progetti. Dall’altra ci sono i circoli affiliati ad una realtà specifica. Si badi: affiliati, non di proprietà. È cosa diversa. Luoghi in cui adulti consenzienti fanno sesso tra loro. Ma non è vero – fino a prova contraria – che i soldi del bando servono a finanziare i circoli. Non c’è nessuna prova, come lascia pensare il servizio, che si usino fondi statali per foraggiare la prostituzione nei locali. Le Iene fa confusione su questo, contribuendo a creare un clima di sospetto contro l’intera gay community. Questo è, a nostro avviso, il primo vero problema della vicenda: sacrificare la dignità di un intero gruppo sociale sull’altare dello share.
Il servizio in questione lascia spazio ad altre insinuazioni, senza produrre prove. Il fatto che Francesco Spano, ormai ex direttore dell’Unar, possa avere la tessera di Anddos non implica, automaticamente, favoritismi da parte sua. Le associazioni che, grazie a quel bando, hanno ottenuto fondi pubblici, sono più di trenta e Anddos non è neanche quella che ha ricevuto il finanziamento più alto. Anzi, tra le realtà escluse c’è anche un circolo che appartiene a quel circuito. Più in generale, è legittimo avanzare dubbi sull’attribuzione dei fondi, ma questi dovrebbero essere suffragati da prove: niente di tutto questo è stato prodotto.
Sarebbe stato meglio che Spano avesse evitato ogni legame associativo proprio per non incorrere in sospetti di conflitto di interesse. Detto ciò, niente autorizza il dileggio sulla sua persona, così come fatto nel servizio. Perfino le parole usate per descriverlo sono derisorie e allusive, a cominciare dai commenti sul colore del cappotto. Quale funzione abbia tutto questo ai fini di una corretta informazione risulta ancora un mistero. Per tacere dell’outing implicito, che è logica conseguenza di tutta l’operazione. Informazioni sensibili di cui non solo la fonte de Le Iene, che aveva probabilmente un qualche interesse a diffonderle, si è fatto beffe, ma che anche la redazione del programma ha usato con fin troppa leggerezza. Non stiamo parlando della tessera della Coop, per intenderci.
Irricevibile la narrazione interna del servizio. Si fa leva sul senso dello scandalo, tutto incentrato sulla sessualità. Sembrerebbe che il vero problema non sia la cosa in sé, ma il fatto che i protagonisti della vicenda siano associazioni omosessuali. Come se l’orientamento sessuale fosse di per sé un’aggravante. La stessa comunità Lgbt è stata ridotta ad una rappresentazione pruriginosa e voyeristica. Questo contribuisce ad alimentare il sentimento omofobo, ancora troppo vivo nella nostra società. Le Iene hanno reso un grande servizio, da questo punto di vista, alle frange ultraconservatrici e reazionarie del nostro paese. Se ne sentiva davvero il bisogno.
Si attaccano le saune perché luogo in cui si fa sesso e perché luogo in cui lo fanno i gay. È preoccupante vedere che questo accade anche tra i commenti di persone della comunità. Ma se si adotta questa narrazione, il prossimo passo potrebbe essere un attacco a qualsiasi realtà che si finanzia con eventi ricreativi e di aggregazione. Perché domani dovrebbe essere più tollerabile dare denaro pubblico a chi fa ballare “i froci” o li manda al ristorante? La carta dell’accettabilità sociale al prezzo di una morale maggiore da esibire non è mai stata una strategia vincente, in un contesto in cui sei pienamente riconosciuto solo se appartieni alla maggioranza che impone le regole. E non dovrebbe esistere, a nostro avviso, una classifica di ammissibilità di quelle attività collaterali di intrattenimento (o fosse anche di finanziamento) per un’associazione, finché si resta nella legalità. Avremmo dovuto impararlo da tempo.
Le Iene hanno giocato la carta del sensazionalismo mediatico, molto diverso da quello dell’inchiesta giornalistica, mettendo in un calderone cose molto diverse tra loro: dalla generalizzazione sui “locali gay” – come se, per la realtà etero, mettessimo sullo stesso piano sia un club per scambisti sia una libreria dove fare circoli di lettura – al messaggio dello sperpero dei soldi pubblici per quello che la morale comune considera ancora “vizio”. Le conseguenze possiamo leggerle nei commenti prodotti sulla pagina Facebook della trasmissione. Se al programma interessa diventare veicolo di omofobia o prodotto per un pubblico di analfabeti funzionali, ne prendiamo atto. Noi, in quanto appartenenti a una comunità, aspiriamo a un destino migliore rispetto la mediocrità dilagante.
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