Ormai dovrebbe essere assodato: la legge sulle unioni civili, entrata in vigore il 5 giugno del 2016 e i cui decreti attuativi risalgono ai primi di agosto dello stesso anno, dovrebbe essere applicata a tutti gli ambiti della vita di una coppia omosessuale, fisco incluso. E in periodo di dichiarazione dei redditi, l’argomento è di estrema attualità.
La sua incredibile avventura col fisco la racconta oggi Sergio Rizzo su Repubblica. Il signor Occhini, dovendo presentare la dichiarazione dei redditi come tutti i cittadini, si è chiesto da quando dovesse far valere la sua unione ai fini dei relativi benefici e detrazioni previsti per le coppie riconosciute ufficialmente. Del resto, i decreti attuativi prevedono l’estensione del riconoscimento delle coppie unite civilmente a tutte le leggi dello Stato.
Peccato che a distanza di un anno pare che gli uffici preposti non abbiano idea di come fare. O almeno l’Inps da una parte e l’Agenzia delle entrate dall’altra. Occhini, infatti, si è rivolto all’Inps per avere una risposta. Ma l’ente di previdenza non scioglie i dubbi. L’uomo, allora, decide di rivolgersi altrove, ovvero alla massima autorità in tema di tasse e tributi: l’Agenzia delle Entrate, direzione regionale della Lombardia.
Una legge prevede, infatti, che il cittadino possa porre quesiti scritti all’Agenzia su quello che lo riguarda, quando le leggi delineino “condizioni di obiettiva incertezza”.
Ed effettivamente l’ente rispetta la legge e risponde in una settimana dopo il 20 aprile, data in cui Occhini manda la sua lettera.
“Questa Agenzia – si legge nella missiva secondo quanto riporta Rizzo – assicura a qualsiasi contribuente la consulenza scritta, ma esclusivamente nell’ambito dell’istituto dell’interpello di cui all’articolo 11 della legge 27 luglio 2000 n. 212, come modificato dal d. lgs. 24 settembre 2015, n. 156”. Ma l’Agenzia si appella all’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 156 del 2015 che “stabilisce che l’istanza deve contenere l’esposizione in modo chiaro e univoco della soluzione proposta”. E siccome “nell’istanza in oggetto”, quella presentata da Occhini cioè, “il contribuente non prospetta alcuna soluzione relativamente ai quesiti posti”, l’Agenzia non può rispondere al quesito. In sostanza, gli uffici avrebbero riposto solo se lo stesso Occhini avesse contemplato una soluzione nella sua richiesta. Ma se avesse già avuto la soluzione, perché mai l’uomo avrebbe dovuto porre un quesito all’Agenzia delle Entrate? E chi lo sa…
Il punto rimane che al signor Occhini è chiesto di trovare lui quale sia la data dalla quale far valere la sua unione ai fini fiscali. E lui l’ha fatto: la legge è entrata in vigore il 5 giugno 2016? Allora sarà quella la data da cui far valere lo status di coppia ai fini fiscali. L’uomo compila una nuova richiesta all’Agenzia, includendo la sua risposta, e la invia il 24 maggio scorso. Ora l’ente ha 90 giorni di tempo per rispondere. Peccato che il termine per presentare la dichiarazione dei redditi scada il 7 luglio.
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