Quello che serviva per ricorrere alla giustizia, è arrivato. Il comune di Trieste ha messo per iscritto tutta la sua ostilità alla costituzione delle unioni civili e questo ha permesso alle coppie interessate di presentare un ricorso al Tar, il primo di cui si venga a conoscenza.
Le richieste di unione civile erano state presentate da due coppie. Alla prima, quella composta da Roberto Bonora e Valdi D’Odorico, l’amministrazione risponde semplicemente che per la data richiesta la sala è già occupata da un’altra manifestazione, ma quella data a Davide Zotti e Claudio Bertocchi, che per primi avevano sollevato il “caso Trieste” è una risposta che non lascia spazio a dubbi o interpretazioni: la sala matrimoni non è a disposizione per le unioni civili.
Una negazione, quella della sala matrimoni, davanti alla quale le coppie triestine non intendono arrendersi. Per questo, hanno presentato ricorso al Tribinale Amminitrativo Regionale.
“L’importante è che le coppie omosessuali stiano alla larga dalla sala matrimoni – commenta Zotti sul suo profilo Facebook -. Ci chiediamo: ma perché il Comune di Trieste, a differenza di Torino, Milano, Vicenza, Napoli, Catania, Palermo…, vuole umiliare una parte dei suoi cittadini?”.
Come più volte spiegato, il punto è il comma 20 della legge 76/2016 (quella sulle unioni civili). È lì, infatti, che si stabilisce, tra l’altro, che quanto previsto per la celebrazione dei matrimoni si intende esteso anche alle unioni civili, anche se previsto da un regolamento comunale. Sulla base di questo comma, le coppie che vedono negarsi l’uso delle sale, la scelta dei giorni e degli orari e tutto quanto già possibile per i matrimoni civili, possono denunciare l’amministrazione comunale presso il Tribunale oppure presso il TAR.
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