Scade oggi il termine (non perentorio, va precisato) previsto dalla legge sulle unioni civili per l’uscita del cosiddetto “decreto ponte”. Si tratta, per chi non lo sapesse, di una sorta di guida pratica che spiega ai comuni cosa fare materialmente quando una coppia di uomini o di donne si presenta per chiedere di essere unita civilmente ai sensi della legge 76/2016 (la cosiddetta Cirinnà, appunto): quali documenti la coppia deve esibire, come si deve svolgere il rito, quali formule deve pronunciare l’ufficiale di stato civile che celebra all’unione ecc. A dovere emanare il decreto ponte è il presidente del Consiglio, ma su proposta del ministero dell’Interno, ovvero di Angelino Alfano, leader di Area Popolare uno dei partiti che più di altri ha ostacolato l’iter della legge e che, alla fine, ha rivendicato come un successo personale lo stralcio della stepchild adoption e dell’obbligo di fedeltà.
La legge prevede che il decreto ponte arrivi entro trenta giorni dall’emanazione della legge, ovvero dal 5 giugno 2016. I termini, dunque, scadono oggi, ma mentre scriviamo (sono circa le 11 del mattino) non c’è ancora traccia del decreto. È evidente che senza quella “guida” i comuni non sanno come procedere, il che potrebbe dare spazio a procedure creative e, possibilmente, scorrette.
Perché il decreto non è ancora arrivato?
Intervistato da Gaypost.it, il ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva dichiarato di non essere a conoscenza di intenzioni di ritardare e allungare i tempi da parte del collega Alfano, ma aveva anticipato che, in ogni caso, aveva attivato i suoi uffici perché i decreti attuativi, invece, siano pronti entro fine agosto.
Il decreto di Alfano, infatti, è un testo provvisorio che sarà sostituito dai decreti attuativi, appunto, di competenza del ministero di Orlando e che, sempre secondo la legge 76/2016, devono essere emanati entro sei mesi dal 5 giugno (in questo caso, invece, il termine è perentorio).
Uno dei tre decreti attuativi riguarda proprio la stessa materia del decreto ponte (come vanno celebrate le unioni civili), mentre gli altri due devono regolamentare i casi di trascrizoni di matrimoni celebrati all’estero, di partner stranieri (sia comunitari che non) e adeguare tutte le leggi del codice civile che riguardano il matrimonio e che vengono estese anche alle unioni civili.
Va precisato che il decreto ponte deve poi essere approvato dal Consiglio di Stato (che ha altri 30 giorni di tempo) e dalla Corte dei Conti (per valutare le spese che comporta), mentre quelli attuativi devono avere il parere preventivo delle commissioni parlamentari competenti per materia. Ma va precisato anche che tecnicamente la legge diventa efficace alla scadenza dei 30 giorni previsti per il decreto ponte. Questo significa che da domani una coppia di uomini o di donne può presentarsi davanti all’ufficiale di stato civile del suo comune e chiedere di essere unita civilmente, che il decreto ci sia oppure no.
Al netto di tutto, il dato a questo momento è che del decreto ponte non c’è traccia, nessuno ne parla, non si hanno notizie sullo stato dell’arte. Che Alfano, preso da “ben altre priorità” se ne sia dimenticato? Potremmo ricordarglielo noi, tramite i social network usando l’hashtag #Angelinomollaildecreto. Twittate, scrivete post su Facebook, insomma ricordiamo al ministro che c’è un popolo arcobaleno che ha aspettatato fin troppo per subire l’ennesima umiliazione. Siete pronti?
Twitta #Angelinomollaildecreto!