Le unioni civili continuano a far parlare. E spesso a sproposito, a quanto si vede. Se per un verso dalla provincia italiana e dalle grandi città del Belpaese arrivano storie che toccano gli animi di chi le ascolta e che lasciano ben sperare chi vi assiste per il miglioramento della nostra società, dall’altro ci si scontra ancora con dichiarazioni e prese di posizione che fanno nutrire non poche perplessità sulla capacità di interpretare il presente e i fenomeni sociali da parte di chi le pronuncia.
A Bergamo, ad esempio: il sindaco Giorgio Gori ha rilasciato un’intervista alla Stampa in merito alla registrazione di alcune unioni che si terranno in città. Alla domanda sul perché non avesse voluto officiare la prima unione civile, risponde: «Ho lasciato l’incarico al consigliere Simone Paganoni che si è molto battuto per questo traguardo», dichiarando che unirà successivamente due donne ottantenni e aggiungendo «mi fa molto piacere che le prime unioni civili bergamasche siano fra coppie di una certa età». Perché, chiede giustamente il giornalista. La risposta: «Perché siamo lontanissimi dallo stereotipo un po’ carnevalesco modello Gay Pride. Siamo davanti a persone che hanno vissuto sobriamente e silenziosamente un amore che adesso la comunità riconosce».
Per il primo cittadino bergamasco, per altro di fede renziana (e che quindi dovrebbe essere in prima linea nella lotta per i diritti), è forse preferibile quel modello di omosessuale che si nasconde? È questa, purtroppo, l’impressione che suscitano le sue parole quando parla di morigeratezza – sperando che non sia la stessa che ha caratterizzato il palinsesto di Canale 5 quando lui ne era direttore – e soprattutto quando la contrappone a una manifestazione politica, il pride, che nasce proprio come rivendicazione della propria visibilità, in tutte le sue forme. Il sindaco Gori ignora che è grazie a quella che definisce come “carnevalata” che oggi le due signore ottantenni, a cui vanno i nostri migliori auguri, possono regolarizzare la loro relazione.
E anche dal mondo della cultura arrivano affermazioni non proprio in linea con il concetto di inclusione e solidarietà. È il caso di Spoltore, cittadina in provincia di Pescara, che vedrà anch’essa le sue prime coppie di persone dello stesso sesso usufruire delle unioni civili. Qui la scrittrice a antropologa Maria Concetta Nicolai – per altro caporedattrice della Rivista di turismo, cultura e ambiente D’Abruzzo – ha definito con toni poco lusinghieri Margherita ed Elena, che domani celebreranno il loro amore, parlando di «apoteosi della depravazione» e etichettando le due donne come «due tali che femmine per naturale disposizione non sono». Il tutto condito con parole di «vergogna e disprezzo» per il loro vivere nel peccato e auspicando che si lancino uova marce e pomodori contro di loro (il resto lo potete leggere nei commenti che la professoressa pubblica con generosità).
Dichiarazioni che andrebbero inquadrate come conseguenza del caldo di queste ultime settimane di agosto e da bollare come negazione di qualsiasi civiltà, giuridica e democratica che si voglia, se non fossero proferite da un personaggio pubblico che a marzo scorso ha ricevuto il premio #lameglioSpoltore per la sua attività culturale e che è stata ospite, nel 2015, all’Expo di Milano, cornice la cui rilevanza non è stata certo quella di una sagra dell’entroterra pescarese. Ci si chiede, infatti, se il comune abruzzese si possa sentire rappresentato dall’omofobia di tale personaggio, che utilizza un linguaggio così offensivo e volgare nei confronti di due appartenenti alla comunità Lgbt.
In buona sostanza emergono, in un mondo che va avanti e che riconosce i diritti della comunità arcobaleno, alcune resistenze culturali rispetto al riconoscimento di quei gay, lesbiche, trans, ecc, che fanno della loro visibilità un atto politico primario. Ora in modo goffo e quasi inconsapevole, come nelle dichiarazioni di Gori, ora attraverso attacchi diretti e violenti, come nel caso di Nicolai. Al cospetto di tali fatti, è compito della nostra comunità e del movimento che la rappresenta lavorare alacremente su due fronti: arrivare alla piena uguaglianza giuridica, che arriverà solo con il matrimonio, e fornire strumenti culturali forti che abbiano come obiettivo la salvaguardia della nostra dignità. È questo messaggio che sento di dare alle amministrazioni di Bergamo e di Spoltore. Fosse non altro per evitare certe pessime figure.
Peccato che sia femmina! Vien da dire leggendo parole cosi poco misericordiose. Serenella