Con un’ordinanza cautelare depositata ieri 7 dicembre, la prima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sospende uno dei primi ed assai discussi provvedimenti di un comune che tentava di introdurre un trattamento differenziato per le unioni civili rispetto ai matrimoni.
In agosto, infatti, l’allora sindaco leghista Bitonci (che nel frattempo è stato sfiduciato dalla sua stessa maggioranza) aveva annunciato che le unioni civili a Padova si sarebbero potute celebrare solo il mercoledì mattina. Successivamente con il provvedimento del 16 settembre 2016, il Comune di Padova aveva designato quali giorni dedicati alla costituzione delle unioni civili soltanto il lunedì, il mercoledì ed il giovedì, a differenza della celebrazione dei matrimoni consentita anche in altre giornate (fra cui, ad esempio, il sabato). L’indicazione di giornate diverse per i due istituti risultava palesemente discriminatoria ed evidentemente creava un grave disagio nella misura in cui costringeva le coppie omosessuali a sposarsi solo in giornate lavorative oppure a optare per altri comuni limitrofi. Lo stesso provvedimento, poi, escludeva senza alcuna ragione l’applicazione estensiva alle unioni civili delle altre norme e consuetudini comunali sulla celebrazione dei matrimoni (quali ad esempio le tariffe o la scelta della sala).
Contro i provvedimenti della giunta Bitonci fece ricorso il Circolo Arcigay Tralaltro di Padova che si rivolse al Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto. Ieri è arrivata la prima risposta che ha sospeso in via cautelare il provvedimento comunale sino alla decisione definitva, fissando la prossima udienza (per la discussione vera e propria nel merito) per il 5 aprile 2017.
La Corte ha confermato quanto già avevano anticipato diversi commentatori, anche su questo sito: il comma 20 della Legge n. 76 del 2016, infatti, è una sorta di “clausola di salvaguardia” e impone l’estensione alle unioni civili di tutte le norme dell’ordinamento giuridico relative al matrimonio, e dunque anche di quelle emesse dagli enti locali. Ogni disposizione che introduca una differenziazione dal matrimonio è discriminatoria e dunque illegittima per un’evidente violazione di legge.
Se è evidente che la distanza fra unioni civili e matrimoni rimane, ed è quella che separa dalla vera e piena uguaglianza, è comunque importante e confortante vedere come i Tribunali nel nostro Paese continuino a fare il possibile per colmarla e impedire ogni ulteriore – inutile – discriminazione.