Volevo cominciare il nuovo anno parlando di vaccinazione anti-covid e della necessità di dividere le file per sesso anagrafico. È infatti quanto riporta il Gruppo Trans. Sulla sua pagina Facebook possiamo leggere: «Oggi 31 dicembre qui a Bologna ha luogo all’hub vaccinale realizzato presso il padiglione polivalente della Fiera di Bologna […]. L’hub, come mostra il video dell’Ausl di Bologna, oltre alle aree di accoglienza e registrazione, prevede […] due corsie ben distinte recanti rispettivamente il cartello “Uomini” e “Donne”». Di questo volevo parlare. Non pensavo, invece, di dover fare un pezzo sull’indifferenza (e dell’insofferenza) in seno alla comunità gay riguardo la questione.
Il Gruppo Trans chiede misure più inclusive. «È ormai noto che in un paese come l’Italia, che prevede ancora un lungo e costoso iter legale in tribunale per accedere alla rettifica anagrafica» leggiamo ancora, «molte persone non siano in possesso di un documento che le rispecchi nei propri rapporti sociali quotidiani per la propria identità di genere percepita. Chiedere di posizionarci in queste file “uomini”/ “donne” sulla base del sesso anagrafico spesso equivale ad esporci a un coming out forzato». Il rischio, secondo l’associazione, è che ciò possa costituire un ostacolo nell’accesso alle cure, proprio per quelle persone che non vogliono fare coming out forzati.
Quindi oggi avrei voluto parlare di questo. Quando, per caso, mi sono imbattuto nella stessa notizia, data da Neg Zone. Do una rapida scorsa ai commenti. Che, permettetemi di dirlo, sono agghiaccianti. «Da lgbt vi dico, state a romp’er cazzo» scrive Sergio. «Ma Basta cazzo, già sono incasinati, se devono stare a dividere in uomini donne gattini e pulcini non se ne esce più. Ma basta che si vaccinano e stop» ci mette il suo, e con una punteggiatura che va fuori dal binarismo “corretto/non corretto” un tale Andrea. «Ma basta con sto vittimismo tutte le volte! Se hanno fatto una divisione per genere ci sarà di certo un motivo valido (miglior tracciamento dei vaccini, dosaggi, disponibilità…) e di sicuro non è stato fatto con l’intento di offendere o discriminare. Quindi siate sereni, andate nella fila che vi rappresenta e vaccinatevi. Stop» scrive un altro utente, ancora.
Il tenore dei commenti è quello dell’insofferenza e della necessità di sacrificare il sacrificabile, di fronte all’emergenza sanitaria. Perché per un commento in cui possiamo leggere «che palle che siete», ne abbiamo un altro che recita: «Ma davvero davanti ad un’emergenza sanitaria stiamo a guardare come hanno diviso le file? Ma siete seri?». La visione emergenziale, la stessa per cui per molti e molte si può fare a meno della libertà e della democrazia di fronte all’urgenza, comincia a fare le prime vittime. E, guarda caso, le prime vittime appartengono ad una minoranza discriminata. Approccio molto pericoloso, e non solo per la qualità della nostra democrazia.
Sarebbe dunque importante che le strutture sanitarie prendessero in considerazione il disagio di chi ha problemi a collocarsi in quelle file. Problemi che potrebbero avere conseguenze sulla salute pubblica. Se non vado a vaccinarmi o ho problemi a farlo, per timore di subire discriminazioni o violenze, potrei espormi al virus – successivamente – e potrei divenire veicolo di contagio a mia volta. Una risposta a tali richieste compete però, e per l’appunto, al personale sanitario. Da parte della comunità gay – uso appositamente il termine al maschile, perché maggiore è l’insofferenza tra i maschi omosessuali – mi sarei aspettato invece un maggior senso di solidarietà.
Ricordo infatti che il criterio dell’emergenza, che sacrifica le esigenze delle minoranze di fronte ai bisogni della maggioranza, potrebbe essere usato un domani proprio contro di noi. Fino a prova contraria, infatti, essere maschi omosessuali significa appartenere a un gruppo vulnerabile. Un esempio? Pensiamo a quando andiamo a fare il test per l’Hiv. Se trovassimo le file suddivise per orientamento sessuale ci farebbe piacere? No di certo. Eppure qualcuno potrebbe motivare questa scelta, in virtù del fatto che siamo percepiti come categoria maggiormente a rischio (sì, concordo: la questione è più complessa). Un’emergenza, insomma. Eppure nelle strutture anti-hiv si seguono procedure rispettose del diritto alla privacy. Non si comprende dunque perché non si possano usare misure analoghe per la vaccinazione. E si comprende ancor meno l’insensibilità dimostrata da parte di tanti maschi omosessuali.
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